domenica 28 febbraio 2016

Il Maggio francese mobilita il potere della parola: i manifesti e gli slogan del '68



Tra le contestazioni studentesche che si sono sollevate in tutto il mondo durante il 1968, quella che ha preso piede in Francia toccando l’apice nei mesi di maggio e giugno (da qui l’espressione Maggio francese), è senza dubbio la più significativa per il livello di mobilitazione e di partecipazione, di elaborazione politica e di espressione estetica raggiunto.
La mobilitazione studentesca, risultato dell'insofferenza dei giovani universitari, di fronte a un sistema economico e sociale oppressivo e a schemi culturali ormai “decrepiti”, si riversa, nel giro di due anni, dalla periferia a Parigi. 
È nel Quartiere Latino, dove si trova l’università della Sorbona, che i giovani cominciano delle vere e proprie battaglie contro la polizia: sorgono barricate e vengono incendiate macchine. 
Quando la violenza è ormai incontrollabile, così come il numero di giovani che si mobilita, il Paese viene paralizzato da uno sciopero generale: studenti e lavoratori iniziano a marciare insieme e la protesta da agitazione si trasforma in vera e propria crisi sociale.

L’esplosione della contestazione francese, spesso confusa e complessa, certamente violenta, ma ancor più spesso addirittura anche ludica e festosa, fa del Maggio ‘68 un momento di illusione rivoluzionaria, di fede ardente e utopistica che si accende nella speranza di una possibilità di radicale trasformazione della vita e del mondo.
Un riflesso di questo clima è stata la proliferazione di manifesti, graffiti e slogan fantasiosi: «Sous les pavés, la plage» (Sotto i sampietrini c'è la spiaggia), «Il est interdit d'interdire» (Vietato vietare), «Jouissez sans entraves» (Godetevela senza freni), «Cours camarade, le vieux monde est derrière toi» (Corri compagno, il vecchio mondo ti sta dietro), «La vie est ailleurs» (La vita è altrove) e molti altri.
Le tante e diverse creazioni delle migliaia di manifestanti del Maggio francese, sono state anche loro, insieme agli studenti e agli operai, le protagoniste di questo grande momento di mobilitazione, richiamando l’attenzione su di esse anche negli anni a venire.

Se gli avvenimenti che hanno interessato Parigi in quel momento storico vi incuriosiscono perché non ne avete sentito parlare poi così tanto, se volete approfondirli perché già conoscete i fatti, o se, più semplicemente, gli accadimenti di quella estate vi hanno “affascinato”, suscitando in voi una certa empatia con i giovani francesi, e i manifesti del tempo hanno catturato la vostra attenzione, allora questo blog vi risulterà utile e interessante, perché interamente dedicato alla produzione e all’uso di questi durante la mobilitazione.
L’utente, durante la propria navigazione, approfondirà anche il problema importante, e forse non considerato, dell’appropriazione indebita che di queste creazioni è stata fatta a partire dagli anni successivi fino ai nostri giorni.

Digitando l’espressione “slogan mai ‘68” su Google o qualsiasi altro sia il vostro motore di ricerca, e scorrendo i diversi risultati, è possibile rintracciare la pagina di cui stiamo parlando al link https://mai1968tpe.wordpress.com/.
I contenuti presentati sono in francese, ma la lingua non deve rappresentare uno scoglio insormontabile o un motivo valido per abbandonare la navigazione, perché anche chi non l'ha mai studiata, può facilmente comprendere il significato di ciò che legge. Di certo il francese è di per sé un idioma facile, ma è proprio questo a creare un’“atmosfera” particolare, un’atmosfera che non si avrebbe se un argomento come questo venisse affrontato in inglese o in qualsiasi altra lingua.

“Les mur ont la parole – Les affiches et les slogans de Mai 68” (I muri hanno la parola – I manifesti e gli slogan del maggio ‘68) è il titolo che campeggia nella Accueil (Home) di questo blog dedicato agli slogan francesi e al potere che in quel momento assume la parola.


Il percorso stabilito dai creatori della pagina, tre ragazzi del liceo George Sand di Domont, situato nella periferia a nord di Parigi, prima di focalizzarsi sul tema centrale, torna sugli avvenimenti di quella estate, per chiarire al pubblico di lettori quali sono state le origini dei movimenti di contestazione giovanile e cosa ha portato alla creazione, in quel momento, di numerosi manifesti e slogan.
Per fare ciò, viene utilizzato un documento audiovisivo di sei minuti e trenta reperito da INA.fr, il portale dell’Istituto Nazionale Audiovisivo francese. Sotto al video è possibile lasciare un commento o, per chi vuole, effettuare una ricerca nello stesso sito attraverso la rispettiva barra e il tasto Recherche.
Muoversi all’interno di questo blog è molto facile e veloce grazie alla struttura che i tre creatori hanno deciso di dargli. Infatti al di sopra del titolo, che è posto al centro, su un’immagine d’archivio che raffigura uno dei tanti scontri tra giovani e polizia, è possibile leggere in modo chiaro le diverse voci del menu principale.


Troviamo Accueil (già visto), Introduction, Les affiches pendant Mai ’68, Les détournements des affiches et des slogans après Mai ’68, e Conclusion.

Nella parte cosiddetta “introduttiva”, i blogger fanno una breve presentazione schematica dei fatti che hanno portato allo scoppio della grande mobilitazione estiva e spiegano come nascono i primi manifesti, traduzione in immagini del pensiero dei movimenti studenteschi, e in che modo e perché alcune aziende o partiti politici riescono a “deviarne” la diffusione.
L’approfondimento prosegue nella pagina successiva (Les affiches pendant Mai ’68 - I manifesti durante il Maggio 68) dove viene chiarito chi sono i protagonisti della lotta (che spesso corrispondono ai creatori stessi degli slogan) e perché si mobilitano. 
Spiegati questi punti, viene affrontato il motivo della produzione di manifesti attraverso l’analisi delle caratteristiche di alcuni di questi.
Leggiamo che gli attori in scena nel Maggio del 68 sono stati gli studenti (e questo lo sapevamo), ma non solo, che la produzione dei manifesti è iniziata il 14 di quello stesso mese, giorno in cui viene occupata l’École Supérieure des Beaux Arts di Parigi e che il primo ad essere prodotto è stato: “Le fabbriche, le università, l’Unione”, riportato qui di seguito.

« Usines,Universités, Union »

A partire da questo poster dall’aspetto semplicistico, ma che diventa subito un emblema per gli studenti, inizia la lunga produzione di manifesti francesi, unico modo per i giovani di “farsi sentire” davanti a una radio e una televisione pubblica sottoposte al controllo permanente del governo.
Per comprendere meglio il significato di questi manifesti, si procede poi ad un’analisi dettagliata di tre poster considerati i più conosciuti e i più importanti in quel periodo.
Ne vengono specificate la tipologia, il titolo, la data, gli autori, il supporto richiesto e i destinatari e viene fatto un breve riferimento alle tecniche utilizzate dalla Scuola di Belle Arti: litografia e serigrafia.


« Sois jeune et tais-toi »
Tipo: Poster
Dimensioni: 64,5 x 82.5cm
Data: maggio 1968
Autore: École des Beaux Arts di Parigi
Supporto: Parete (Street)
"Sii giovani e stai zitto" è uno dei più famosi manifesti di quel periodo.
La sagoma nera sullo sfondo è il ritratto caricaturale di Charles De Gaulle, rappresentato indirettamente nell’ombra con un tappo, un lungo naso e le orecchie grandi (spesso raffigurato in questo modo). Qui, De Gaulle mette una mano sulla bocca di un giovane uomo che molto probabilmente ha meno di 21 anni: questa mossa si traduce nella negazione del diritto di parola dei giovani.



« Nous sommes tous indésirables »
Tipo: manifesto
Data: maggio 1968
Autore: École des Beaux Arts di Parigi
A: I manifestanti (giovani lavoratori e francesi)
Questo poster riprende una foto scattata durante i movimenti di protesta dei giovani all'università. Vediamo Daniel Cohn-Bendit, anarchico rivoluzionario e capo degli “arrabbiati”, che guarda un poliziotto in modo provocatorio.
La foto e il manifesto fanno il giro del mondo in pochi giorni rendendo il giovane un modello per i manifestanti.



« Retour à la normale »
Tipo: manifesto
Titolo: "Back to normal"
Data: Maggio 1968 (fine della rivoluzione)
Autori: École des Beaux Art di Parigi
A: popolazione francese
Questo poster simboleggia la fine della rivoluzione di maggio 68 con lo slogan “Ritorno alla normalità". Le pecore rappresentano la popolazione francese, e soprattutto i giovani e i lavoratori, che mostrano una certa delusione per il fallimento della loro “rivoluzione”.

Chiude la sezione, un video che chiarisce i metodi di produzione dei manifesti.
Prima delle conclusioni i creatori del blog hanno voluto dedicare una parte del lavoro al problema dell’appropriazione indebita (Les détournements des affiches et des slogans après Mai ’68 - L'appropriazione indebita dei manifesti e degli slogan dopo il Maggio '68) che è stata fatta dei manifesti da parte di grandi aziende come E. Leclerc (catena di supermercati), SNCF (Société Nationale des Chemins francese in ferro), Volkswagen e Citroen e Sega (produttore di console di videogiochi).
Alcuni sono stati anche “dirottati” verso movimenti politici che li utilizzano per diffondere le loro idee conservatrici opposte a quelle progressiste di quel periodo come ha fatto "La Manif pour tous” per opporsi ai manifestanti del “matrimonio per tutti” o contro Nicolas Sarkozy.
Viene visto nel dettaglio il caso di E. Leclerc, il gigante di vendita al dettaglio, che nel 2005 riciclerà alcuni manifesti per utilizzarli nella sua campagna di crescita dei profitti. 


« La hausse des prix oppresse votre pouvoir d’achat, E.Leclerc défend votre pouvoir d’achat »

Tipo: cartellone
Dati: Febbraio 2005
Autore: E.Leclerc
Supporto: Carta

In questo modo, il vero significato e messaggio dello slogan nato nell’Atelier Populaire (altro nome con cui si indica l'École Supérieure des Beaux Arts) si scontra con quello dato da Leclerc nel suo personale riadattamento per incoraggiare il consumo.
Il fine è quello di mostrarsi come il salvatore del potere d’acquisto attraverso questa campagna pubblicitaria con la scritta “L’aumento dei prezzi opprime il vostro potere d'acquisto, E. Leclerc difende il vostro potere d’acquisto.”
Nell’immagine, un CRS rappresenta l’oppressore, che è l’aumento dei prezzi, con in mano lo scudo a forma di codice a barre a mano che simboleggia il potere d’acquisto.

L’ultima voce del menu principale racchiude le conclusioni.
I manifesti e gli slogan del maggio 68 sono stati la “parola” sia dei giovani che dei lavoratori, che, nonostante la censura, si sono espressi attraverso l’arte, contribuendo ampiamente a raggiungere grandi cambiamenti in vari ambiti come l’istruzione, le condizioni delle donne e la critica del capitalismo e tutt’oggi il “fascino” di questi manifesti richiama l’attenzione degli studiosi.
I muri di Parigi hanno parlato in presa diretta, in contemporanea con gli eventi attraverso una conversazione immediatamente spendibile, in grado di coniugare politica e arte, esistenzialismo e rivolta.
Arriviamo ora anche noi alla fine del nostro discorso dando una veloce occhiata al sottomenu del blog (ricordiamo che menu principale e sottomenu rimangono sempre visibili nella parte alta della pagina qualsiasi sia la parte che stiamo visitando).


Nella sezione Les Affiches, si trovano ovviamente le immagini dei tanti e diversi manifesti sui quali è possibile cliccare per vederli ingranditi. A seguire abbiamo Les Slogans che presenta un elenco abbastanza lungo dei motti nati in quel periodo.
Nella Galerie, invece, sono presentate alcune immagini tra cui quella del leader del movimento studentesco 22 Marzo, Daniel Cohn-Bendit, e quella del presidente della V Repubblica Charles de Gaulle.
La sezione Mai en chansons, elenca invece alcune canzoni che portano nel titolo l’espressione "Maggio ’68" e che è possibile ascoltare su YouTube grazie alla presenza dei rispettivi link. 
Videografia e bibliografia relative alle fonti utilizzate per la realizzazione dei contenuti, sono specificate in Source, mentre la sezione Nous Contacter permette al visitatore di contattare i realizzatori del blog o lasciare un commento attraverso la compilazione di un apposito form.




La condivisione dei contenuti di ciascuna pagina del blog, può avvenire facilmente in pochi in secondi grazie ad un semplice clic sui tasti corrispondenti ai social Twitter, Facebook e Google+ e così l’utente può mostrare a tutti i suoi contatti ciò che più l’ha colpito durante la navigazione e ha solo l’imbarazzo della scelta. 
E allora, che cosa state aspettando?




lunedì 22 febbraio 2016

Canzoni contro la guerra: percorrendo il Sessantotto

Mentre piovono sul territorio iracheno le prime bombe statunitensi, firmate George W. Bush, la stessa sera del 20 marzo 2003 prende vita un sito interamente dedicato alle canzoni contro la guerra. C'è chi crede al Fato, chi alla Divina Provvidenza, chi alla possibilità di seguire una strategia eccellente. Siamo cinici, allora, e premiamo gli autori del sito complimentandoci per la tempistica. Ripreso fiato dal faticoso applauso, è possibile gettarsi nell'analisi di un sito web, brutto ma ricco. Risulta complicato esprimere un giudizio estetico, sarebbe indecoroso.
E chi scrive crede che dell'estetica sia interessato poco agli autori, concentrati più sulla qualità contenutistica del sito. I 24.926 pezzi di 7600 autori diversi,con orgoglio annunciati dalla home page, possono rendere l'idea dell'enorme lavoro svolto da chi ha dato vita a questa risorsa. Ma, soprattutto, delle potenzialità di questo strumento. Chi avesse interesse a fare una ricerca, solo per fare un esempio a caso, sul Sessanotto trova in questo sito una sua esaustiva colonna sonora. I percorsi sono semplici da seguire. Cinque differenti sezioni vengono dedicate alla guerra del Vietnam, una al movimento studentesco messicano, una alla Primavera di Praga, quindi ovviamente una consacrante i tre giorni di pace e rock vissuti nell'agosto 1969 a Woodstock. Un discorso a parte lo meriterebbe la sezione dedicata alle colonne sonore dei film contro la guerra, e anche qui è il Vietnam ad essere protagonista. Dal capolavoro di Michael Cimino, Il Cacciatore, sino al musical Hair. Non ci si limita, in tutte le sezioni dedicate al Sessantotto, a un mero elenco di canzoni.Facilmente ascoltabili, sono accompagnate da una breve descrizione con annesso il testo, originale e tradotto. Dalla preziosa e sconosciuta "Vai a casa Ivan" di Jaromir Vomacka,si arriva alle più note Blowin' in the Wind e Give peace a Chance.
Inutile soffermarsi ulteriormente su come muoversi all'interno di questa risorsa online, piuttosto intuitiva. Utile, invece, precisare la sua utilità. Senza giri di parole, chi volesse o dovesse fare una ricerca sulle musiche del Sessantotto si trova nel posto giusto. La suddivisione in sezioni, la descrizione dei brani, la loro semplice fruizione sono tutti fattori a favore di questo sito web. Se poi per volere del Fato o della Divina Provvidenza o, perché no, degli autori si decidesse di regalare un necessario significato al valore estetico, senza dubbio alcuno, il sito ne trarrebbe beneficio. Ma siamo sempre cinici, e intendiamo questa risorsa come utilissimo archivio online.

mercoledì 17 febbraio 2016

Una mostra americana... Per rivivere il mito hippie americano.

Al di là dell’Atlantico, forse per compensare una relativa “mancanza di Storia” – perlomeno antica – si fanno le mostre sul 1968.
1968 significa Storia, oltre che cambiamento di usi e costumi. Significa colore, moda, slogan, protesta.
Significa, a suo modo, come tutta la Storia che ci ha resi parte di una determinata civiltà, vita. Questa vita sessantottina molti che ancora camminano su questo mondo l’hanno vissuta sulla propria pelle: chi ancora piccolo, chi in chiave di protagonista, nella veste di quella generazione nata poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e che nella metà degli anni ’60 iniziava ad affacciarsi sul palcoscenico della realtà vera, quella adulta. E che quella vita adulta così come era stata impostata dalle passate generazioni non gli andava granché bene.
Ed è così che un istituto statunitense, il Minnesota History Center, ha deciso di creare una mostra itinerante che riproponesse, tramite video, foto, interviste e “cimeli” quell’annata che, come disse Kurlanski nel suo saggio del 2005, “fece scoppiare il mondo”, e il cui sito web può essere visualizzato qui.
Partita da St. Paul, proprio in Minnesota, il 14 ottobre 2011 e conclusasi in California, a Santa Ana, il 13 settembre 2015, ha attraversato gli Stati Uniti da est ad ovest:




La più interessante sezione del sito internet risiede nella ricostruzione temporale tramite una timeline dell’intero anno 1968, diviso per mese: i maggiori eventi di quell’anno possono così essere scoperti semplicemente navigando tra le frecce indicatrici che lasciano scorrere le immagini, corredate di una breve ma efficace didascalia, rendendo quindi il tutto molto agibile e alla portata di un vasto pubblico.
Ecco ad esempio come si presenta il mese di gennaio 1968:



Uno stile accattivante, volutamente retrò e in tema con i gusti e le mode dell’epoca, conduce quindi il visitatore virtuale alla scoperta dei principali avvenimenti storici – perlopiù, va detto, statunitensi.
Il sito internet dell’esposizione è dotato di un blog leggermente datato: l’ultimo intervento risale al 17 gennaio 2013 e dopo questa data non si hanno più notizie di aggiornamenti, ma che durante il biennio 2011-2013 è stato continuamente e scrupolosamente monitorato e a cui sono stati aggiunti diversi articoli su diversi temi.
Si propone qui un’anteprima dell’ultimo articolo postato, riguardante l’estrema facilità con cui negli Stati Uniti si possano procurarsi armi da fuoco:



A fianco alla timeline, inoltre, compaiono, leggermente nascosti agli occhi del navigatore, tre sezioni molto interessanti: la descrizione del 1968 tramite quella che era la vita reale dell’americano medio.
Un occhio allo stile può essere dato grazie alla dedicata sezione, come si possono visionare eventi degni di nota nel campo delle arti, quali televisione, cinema e musica.
Ad esempio, nell’immagine seguente sono visualizzati i singoli musicali più venduti al 31 dicembre 1968:



Mentre nella immagine seguente sono menzionati alcuni eventi degni di nota in campo televisivo e cinematografico, anch’essi elencati cronologicamente con perizia e dovizia di particolari, e quindi con dati (e date) ben studiati e analizzati:


Questi semplici dati sono in realtà molto importanti per inquadrare una complessa realtà socioeconomica, una realtà che, anche tramite il mondo delle arti visive e musicali, è riuscita ad infrangere quel muro “antico” che divideva ormai il mondo dei giovani da quello, superato, della generazione precedente.
È anche grazie alla musica e al cinema che la rivoluzione sessantottina ebbe grande eco a livello mondiale, ed è allora che si sono formate determinate concezioni ancora oggi valide, come ad esempio la caduta di alcuni grandi tabù etici e morali.
Non è dato sapere il successo che nei quattro anni di tour la mostra ha avuto, ma è opportuno ritenere che è un buon prodotto a livello mediatico ed informativo, e, come è possibile vedere, è stato ospitato nei più importanti istituti museali d’America, fattore che avrà sicuramente contribuito al successo dell’esposizione.
Ora tocca a noi quindi far rivivere il 1968, magari prendendo spunto da un prodotto come questo ben fatto ed esaustivo, e cercando di far rivivere quello spirito libero ai nuovi giovani del terzo millennio.


lunedì 15 febbraio 2016

Il Sessantotto voleva essere orfano. Note verso il cinquantenario

Il cinquantesimo è probabilmente l'anniversario più significativo di tutti. Per un matrimonio rappresenta il traguardo delle nozze d'oro: la rappresentazione di un'unione inossidabile o, da un altro punto di vista, di una resistenza di due individui l'uno accanto all'altro di lungo periodo. Quando si parla di storia il cinquantenario costituisce l'occasione di ricostruire, decostruire se si è animati da migliori intenzioni (o banalizzare e celebrare, se invece si è animati dalle peggiori) un avvenimento, solitamente periodizzante o se non altro molto importante, i cui protagonisti sono per lo più partecipi della rimembranza. Ed in questo caso, più che di resistenza, si dovrebbe parlare di resilienza. Con questo termine si definisce la capacità di un metallo di assorbire un urto senza rompersi ed anche, per estensione, la capacità di un soggetto, o di un insieme soggetti, di superare un trauma. Un evento periodizzante costituisce in ogni caso un urto, un trauma, che ad esso si attribuisca un valore positivo o negativo poco importa. A due anni dal cinquantesimo anniversario del Sessantotto, è possibile decostruire il Sessantotto italiano (e non)? È lecito analizzare la sua natura di evento (o insieme di eventi) periodizzante? E come ci si confronta con la resilienza degli ex protagonisti di quella stagione?
Qualche anno fa l'intellettuale David Bidussa in un articolo pubblicato sul giornale digitale indipendente Linkiesta si poneva domande simili riguardo agli Settanta. Tra le altre cose, osservava come la storia di quel decennio si fosse accavallata con quella di una generazione in corso di inserimento ed affermazione nei mondi politico e mediatico, intellettuale e professionale, sottintendendo che con quella generazione, che in queste posizioni tuttora permane, bisogna fare i conti ad ogni rammemorazione. Notava Bidussa come quella stagione sia stata iper-raccontata da molti soggetti (politici, giudiziari, letterari, mediatici) ma molto poco in sede storiografica. Per lui inoltre la militanza politica dal Sessantotto in avanti non originava tanto da un complesso di bisogni quanto da un quadro emozionale e desiderante. Le riflessioni di Bidussa, che essenzialmente riguardano gli anni Settanta, si possono estendere al Sessantotto? Di certo la militanza Sessantottina aveva una decisiva componente desiderante e non nasceva da bisogni materiali, essendosi propagata innanzitutto tra la popolazione universitaria di alcune grandi città del centro-nord. E può ben dirsi che gli sforzi della storiografia sono stati fin qui insufficienti, nonostante ci sia una certa disponibilità di fonti archivistiche (si veda, ad esempio, la Guida alle fonti per la storia dei movimenti in Italia (1966-1978) pubblicata dalla Direzione Generale per gli Archivi e curata da Marco Grispigni e Leonardo Musci che avrà già quindici anni, allo scoccare del cinquantesimo). E, poco ma sicuro, è difficile per l'ultima generazione di storici e ricercatori confrontarsi con gli ascendenti ex-sessantottini, dato che se li ritrovano, resilienti, nella precedente generazione di storici e giornalisti da cui spesso dipendono e che, di solito, di Sessantotto parlano soltanto con compiaciuta laudatio temporis acti. Nella sua giaculatoria Contro il Sessantotto, lo scrittore Alessandro Bertante ha definito quegli "ex contestatori dalla memoria nostalgica […] troppo in pace con se stessi" sebbene avessero, in definitiva, incassato "una lacerante sconfitta".
È interessante notare come il termine a quo degli anni Settanta venga sempre identificato con la strage del 12 dicembre 1969 a piazza Fontana e mai con "l'anno fatidico", pur cronologicamente così vicino. Alla bomba nella Banca dell'Agricoltura si dà il ruolo di reazione alle lotte operaie del 1969, e la si ricollega alle tintinnanti preoccupazioni politico-militari di metà anni Sessanta. L'esplosione di violenza politica degli anni Settanta che, in parte, si riversa nella lotta armata, assume così l'aspetto di violenza restituita, la violenza de Il Bombarolo di Fabrizio De Andrè intenzionato a “restituire” (questo il verbo accortamente usato dal cantautore) allo Stato terrore, disordine e rumore. In questa comune visuale, il Sessantotto sembra non esserci, sembra non avere inizio e non avere fine. È un tempo lodato dunque, ma senza tempo. E anche senza luogo: di certo è da escludere il connotato della globalità, o mondialità che dir si voglia, come già al tempo del quarantesimo anniversario ha fatto il sociologo Franco Ferrarotti nel volumetto Il '68 quarant'anni dopo ricordando che pur avendo avuto risonanza mondiale quella stagione movimentista “ha riguardato le zone ricche del pianeta”; ma non bisogna guardare con troppa convinzione nemmeno a quello della transnazionalità, che appiana l'uno sull'altro movimenti profondamente diversi nelle origini, nelle motivazioni ed anche nelle richieste.
Il Sessantotto italiano nasce da un suo contesto proprio, quello della ricostruzione postbellica che sta alla base del boom economico, del centrosinistra nelle sue varie formulazioni che risolve la lunga crisi del centrismo, dell'espansione dei salari per l'espansione dei consumi, quello di un modello di benessere sempre più definito attraverso trasmissioni della RAI. Nasce da una volontà, appunto da un desiderio di militanza politica solleticato dalle prime, sostanziali celebrazioni pubbliche della Resistenza dei padri e dei nonni (in una saldatura celebrativa tra il centenario dell'unità d'Italia ed il ventennale della liberazione, come di recente ha acutamente osservato Massimo Baioni) ma smaniosa di differenziarsi dai coraggiosi ascendenti. È un Sessantotto che voleva essere orfano, come recitava uno degli slogan più incisivi, ma che ha avuto dei padri ben precisi e che dovrebbe lasciare ai suoi figli la piena libertà di studiarlo.

Jan Palach: per ricordare e comprendere

Jan Palach. Studente cecoslovacco che si dette fuoco nella piazza centrale di Praga come atto di sfida e rivolta contro l’occupazione sovietica del suo Paese. A Jan Palach è dedicato il sito qui recensito (http://www.janpalach.cz/it/default/index), il quale ricostruisce la vicenda del coraggioso studente in molteplici modi: con testi, con immagini, con video e con registrazioni radio.
La sinistra della home del sito è occupata dalla foto in bianco e nero di Palach con un timbro e sotto delle scritte, come fosse una sorta di carta di identità, il che riesce molto efficace sia per attirare l’attenzione dell’utente del web sia per dare già un’idea degli obbiettivi che il sito si pone e dei mezzi che intende utilizzare. Tuttavia, la destra della home crea uno spiacevole contrasto con uno sfondo bianco che probabilmente sarebbe stato più efficace in un altro colore. La pagina, comunque, è estremamente chiara nell’illustrare in modo efficace il contenuto del sito in questione.
La fascia più alta del sito è occupata dai pulsanti che permettono di accedere alle varie sezioni. Segue il titolo, ovvero il nome dello studente, e subito sotto l’attribuzione del sito, che è un progetto dell’Università Carolina.
Degno di nota ed elemento di pregio è la possibilità di tradurre il sito in più lingue, fra cui inglese, francese e tedesco. 

Homepage del sito: http://www.janpalach.cz/it/default/index

Il sito si struttura nelle seguenti sezioni:
Jan Palach: parte molto ampia del sito, tratta della vita di Palach, del suo incredibile gesto, delle reazioni successive e di quanto accade successivamente. 
A sinistra si trova il menu, ovvero l’elenco delle varie voci che compongono la pagina, ed ogni sezione del menu è correlata da immagini proprie.
Dal punto di vista grafico, dal bianco della home page si viene improvvisamente catapultati in una pagina dallo sfondo scuro ed è solo tale passaggio a stonare, dato che per il resto la pagina è ben strutturata, ricca di contenuti e graficamente piacevole.

Struttura della pagina "Jan Palach" del sito: http://www.janpalach.cz/it/default/index

I luoghi della memoria: strutturata come la precedente pagina, è però su sfondo bianco. Se dal punto di vista funzionale e strutturale rimane valida come la precedente, lo sfondo così chiaro è fastidioso e rende poco visibile la parte dedicata al testo. Uno sfondo scuro avrebbe reso sicuramente di più.
Come il nome della pagina suggerisce, vengono qui presentati i luoghi rilevanti per la vicenda di Palach.

Torce umane: pagina che idealmente è strutturata come le altre due, ma che presenta a livello di organizzazione delle differenze sia grafiche sia di posizione delle funzioni. La scelta è, secondo chi scrive, discutibile, in quanto la struttura sopra descritta dava uniformità al sito (uniformità che nemmeno lo sfondo dà, non essendo sempre il medesimo nelle varie pagine) e sarebbe stato meglio mantenerla, anche perché più efficace e visivamente piacevole. Lo sfondo di questa pagina è bianco, ma in questo caso non provoca fastidio, per il semplice motivo che non è molto diversa da una pagina di word.
Il tema trattato è, perlomeno, molto interessante: altri esempi di persone che si sono date fuoco per motivi simili a quelli di Palach.

Archivio: in tale sezione sono raccolti i materiali multimediali, quali video, foto, documenti, registrazioni radio e libri. Degno di nota è la presenza di una breve mostra multimediale. Peccato che i collegamenti per accedere a tale mostra siano poco visibili.
 
Indice: in tale sezione sono raccolti l’indice dei nomi, l’indice analitico, i collegamenti, le abbreviazioni utilizzate e la bibliografia. Dati i molti contenuti, forse il nome della sezione sarebbe stato più indicato al plurale che non al singolare.

In conclusione, si tratta di un sito ricco, sufficientemente approfondito (forse anche troppo per un lettore solo curioso) e ben costruito, se non per l’aspetto grafico, degli sfondi prevalentemente. Fonte sicuramente utile per chi si occupa di Jan Palach e della storia della Cecoslovacchia in quel periodo.




L'Espresso racconta gli anni della contestazione 1965-1969

Nel febbraio 2008, in occasione del quarantesimo anniversario del '68, L'Espresso, il settimanale di La Repubblica, ha proposto in edicola due volumi composti dai principali articoli pubblicati tra il 1965 e il 1969, che documentano i fatti salienti sia italiani che internazionali. Questa raccolta è stata curata da Francesco Erbani e le introduzioni sono state affidate alla penna di Nello Ajello.
L'Espresso ha dedicato una sezione del suo portale on-line per illustrare la struttura dei due volumi, approfondendo le tematiche e gli avvenimenti che più segnarono la seconda metà degli anni '60 e mettendo a disposizione una discreta quantità di materiale multimediale d'archivio. Il portale, consultabile al link http://temi.repubblica.it/espresso-il68/, costituisce una sezione speciale de L'Espresso e si apre con una periodizzazione: dal 1965 al 1969, includendo quindi l'anno 1968 all'interno di un arco temporale preciso. Al centro della pagina sono posizionati nove incipit di articoli presenti nei volumi, ciascuno dei quali si accompagna ad una fotografia attinente all'argomento dell'articolo stesso, corredato anche dal titolo e dalla data di pubblicazione sulla testata. Viene infine indicata la tematica in cui è incluso, che si riferisce all'indice dei volumi.

All'estrema sinistra della pagina è riportata la sezione "Temi, foto e autori" : sotto la dicitura "Argomenti- Volume1" e "Argomenti- Volume2" vengono elencate le tematiche. All'interno della sezione "Foto" si possono consultare varie gallerie di immagini. Per la voce "Le firme" sono riportati i nomi degli autori e dei giornalisti degli articoli che sono stati raccolti nel progetto editoriale. Tra i "Video" caricati sicuramente interessante è l'intervista incrociata a sei personaggi che si sono approcciati alla stagione delle contestazioni attraverso pratiche diverse, alcuni da protagonisti altri da cronisti e ognuno offre una riflessione personale sull'importanza o meno di celebrare gli stessi eventi dopo quarant'anni. 


Nella colonna a destra della pagina è presente una barra di ricerca per trovare parole o temi direttamente nello speciale de L'Espresso. Segue quindi la sezione della "Cronologia", una vera e propria linea del tempo che riferisce all'utente gli avvenimenti principali anno per anno e mese per mese. 


Viene data la possibilità di avere un'anteprima della composizione dell'opera cartacea nell'opzione "Sfoglia i due volumi": accompagnato dal realistico suono delle pagine che scorrono, l'utente può godere della lettura delle 136 pagine selezionate (sule 800 e più in totale) introdotte da un dettagliato indice.


Il portale dedicato da L'Espresso al '68 offre sicuramente molteplici spunti di riflessione sul periodo trattato, fornendo anche molti materiali che si prestano a progetti diversi. Se ci fosse da avanzare una critica, questa riguarderebbe la ripetizione del materiale presente nella pagina: si corre il rischio di creare un'impressione errata nell'utente sulla quantità reale delle informazioni fornite; l'internauta si aspetta ulteriori approfondimenti e strumenti ma scopre, dopo aver cliccato, che si tratta degli stessi che aveva già consultato. Ho trovato invece molto efficace la sezione della cronologia, la cui struttura risulta chiara e concisa; anche le videointerviste ai sei personaggi risultano interessanti, organizzate in una griglia in cui si può selezionare la domanda e il protagonista a cui sottoporla.


mercoledì 10 febbraio 2016

Il portale del Civil Rights Movement Veterans, una storia scritta dal basso

Un portale web costruito e gestito dai protagonisti di una stagione politica, pensato come mezzo per raccontarsi in prima persona e relazionarsi con altri senza mediazioni della storiografia ufficiale e che costituisce una fonte di informazioni e di risorse di parte.


Il sito "Civil Rights Movement Veterans" è un sito in lingua inglese costruito e gestito dai veterani del movimento civile statunitense, in particolare da coloro che svolsero il loro attivismo politico prevalentemente nell'area degli stati meridionali dell'Unione. Scopo del sito è costituire una risorsa per la memoria condivisa di quel "freedom movement" che mantenga i legami tra le centinaia di giovani che vi parteciparono negli anni tra il 1951 e il 1968, oltre a rappresentare una risorsa per le giovani generazioni affinché ne conoscano la complessità e la vasta portata che ebbe per gli Usa in quegli anni. All'interno di questa aspirazione trova posto anche il ricordo dei martiri di quella stagione di lotte per la libertà, vittime dell'odio segregazionista che animava gran parte della società bianca degli Stati Uniti meridionali.



Il sito si articola in diverse sezioni dove è possibile rintracciare numerosi documenti e risorse per riguardanti le attività e la storia del freedom movement. Inoltre sono presenti altre sezioni dove si possono ritrovare i volti e le storie dei militanti e delle principali figure di riferimento del movimento, i loro pensieri e poesie che restituiscono il profondo coinvolgimento e la determinazione che caratterizzava l'attivismo di questa generazione trasversale negli anni e e nella componente "razziale".


Le sezioni principali del sito sono quella dedicata al “The Movement” e quella riguardante “Movement Veterans”. Nella prima si possono ritrovare delle sottosezioni contenenti materiali testuali digitalizzati in formato pdf. o links che reindirizzano a pagine riportanti nella loro interezza volantini, opuscoli e comunicati delle varie organizzazione che vengono ricondotte alla molteplice esperienza del “freedom movement” come il CORE, la NAACP o la SCLC. Questa parte, che potremmo definire più documentaristica, è opportunamente supportata da una timeline che illustra dettagliatamente lo sviluppo cronologico del movimento e le sue attività. Interessante notare come navigando in questa sezione l'esperienza di lotta del "freedom movement" venga inserita nel contesto storico della lotta per l'affermazione dei diritti umani dei Black Americans risalente già alla tratta degli schiavi del XVII secolo. Altri links rimandano ad una raccolta dei report e delle lettere redatte dai militanti indirizzate non solo alle sedi centrali del movimento, ma anche alle proprie famiglie e amici, rappresentando un quadro vivo ed esaudiente delle difficoltà che il movimento incontrava nella sua opera sui territori, come il report di Rosa Parks. Accanto ai documenti scritti vi è una sezione che raccoglie un'ampia serie di fotogallery che documentano le iniziative del movimento, le prime “integrazioni” nel sistema scolastico e le collaterali contestazioni dei bianchi (che spesso sfociavano nella violenza). Per ogni iniziativa vi è un link che rimanda alle immagini, dalla Freedom Summer a quelle dei volontari.


Se ci si sposta nella sezione dei Veterans Movement si ritrova una serie di sottosezioni che riguardano principalmente l'aspetto più direttamente legato all'esperienza comunitaria degli attivisti. Partendo da un “ruolino” che elenca i militanti che attraversarono il movimento negli anni 1951/68 , navigando si ritrovano scritti individuali che riportano le considerazioni dei singoli riguardo la loro esperienza (Our Thoughts), le storie delle iniziative e cosa li ha spinti a intraprendere questo percorso di lotta (Our Stories, questa sezione si avvale anche del supporto di materiale audiovisivo attraverso links di collegamento a youtube o registrazioni audio). Vi sono poi riportate trascrizioni delle discussioni interne al movimento e ai militanti, non solo risalenti al periodo di maggior attivismo del freedom movement ma anche nei successivi incontri (Our Discussions). Nella sezione “In Memory” è riportato un elenco degli attivisti deceduti nel corso degli anni, mentre per martyrs si identificano quelli caduti durante le iniziative del movimento per mano segregazionista. Nella sezione “speakers list” sono riportati nomi e contatti dei portavoce del movimento, con cui è possibile relazionarsi e organizzare incontri e dibattiti.






Ultima sezione da segnalare è quella “Resources”. Qui si possono ritrovare un calendario delle prossime iniziative dei movement veterans, una ricca selezione di web links che rimandano al tessuto associativo che costituiva il movimento e diverse raccolte audio sulle storie dei singoli militanti o delle riunioni e meetings del movimento. Vi è inoltre un archivio delle sezioni web ormai inattive e la possibilità di scaricare e compilare il modello della richiesta di intervista per i veterans of freedom movement.

Il sito messo in opera dai veterani del freedom movement risulta essere uno strumento utile ed interessante. Oltre a riportare numerosi documenti e scritti “non ufficiali” nella parte riguardante il movimento nella sua complessità, nella sezione dedicata ai movement veterans apre le porte ad una dimensione "privata", quell'esperienza che travalica la sola dimensione politica ma restituisce anche una dimensione umana e le sensazioni che solo le testimonianze dei protagonisti riescono a trasmettere. In questo l'uso di supporti audiovisivi è sicuramente un apporto significativo, che permette anche di sfuggire ad una narrazione retorica e neutra che spesso la storiografia ufficiale statunitense propone. Questo sito viene così a porsi come una risorsa indispensabile a chiunque voglia approfondire la conoscenza dei quella stagione politica e relazionarsi direttamente con i protagonisti, per avere così una conoscenza di parte.