lunedì 27 giugno 2016

Un catalogo bibliotecario nel tempo delle app

Nel corso degli ultimi decenni i classici cataloghi di biblioteca su cui gli studiosi consultavano (riga per riga) gli inventari bibliografici sono stati affiancati o sostituiti da strumenti digitali che oggi sono quasi totalmente raggiungibili dal proprio computer o dal proprio cellulare. Recentemente anche i cataloghi delle biblioteche del polo bolognese sono disponibili online e la loro consultazione è agevolata da una semplice ma funzionale app.
SBN UBO è la versione mobile del catalogo bibliotecario bolognese (raggiungibile sul sito http://sol.unibo.it) perfettamente funzionante sia su piattaforma Android, sia su IOS e scaricabile gratuitamente dai rispettivi store (GooglePlay e iTunes).

Tramite le potenzialità del proprio smartphone, la app permette una rapida consultazione del catalogo delle biblioteche del polo bolognese indicando immediatamente la disponibilità del testo desiderato e la sua collocazione all'interno delle biblioteche più vicine.

L'interfaccia è assolutamente intuitiva: un menù posto sotto il logo della app elenca le funzioni disponibili. In caso lo schermo dello smartphone o del tablet non sia delle dimensioni adeguate, una piccola freccia verso destra consente di scorrere il menù facendo comparire nuove funzioni.
La prima sezione è ovviamente dedicata alla ricerca: una semplice finestra di input consente di inserire il titolo del testo o il nome dell'autore che ci interessa cercare. In pochi secondi la app è in grado di fornire una lista di risultati corrispondenti ai criteri inseriti. Ovviamente, più è preciso il criterio, maggiore sarà la precisione della ricerca.

 

Selezionando il testo desiderato dall'elenco è possibile accedere ad una breve scheda tecnica che fornisce una piccola sinossi del libro (se presente), una scheda tecnica e la posizione del testo nelle biblioteche del polo bolognese, sia tramite una lista testuale sia tramite una mappa. In entrambi i casi sono presenti degli indicatori colorati (verdi o rossi) che indicano la disponibilità o meno del testo desiderato.

 



Sono inoltre presenti schermate relativi a link multimediali, una scheda dettagliata del testo con tutti i dati editoriali ed una sezione di “consigli” bibliografici, ricavati in base ad una rapida analisi statistica sul testo in questione. È anche possibile ampliare la ricerca raffinando i criteri necessari.





La seconda voce del menù inferiore nella schermata principale è “Scan”, che grazie allo sfruttamento di Barcone Scanner (che la stessa app vi chiederà di scaricare) permette di effettuare la ricerca mediante la lettura del codice ISBN di un testo (il codice a barre)

La terza sezione del menù è dedicata alla lista dei testi preferiti che è possibile indicare selezionando la stella nella lista delle ricerche precedentemente menzionata.
La quarta voce del menù consente l'accesso ai dati delle biblioteche del polo bolognese (indirizzo, via, numero di telefono, sito, etc). Tramite le potenzialità della app e dei servizi di geo-localizzazione è anche possibile tracciare il percorso tra la propria posizione e la biblioteca semplicemente cliccando sulla voce “Come raggiungere la biblioteca”.

La sezione “News” diffonde semplicemente le ultime notizie rilasciate dal polo bibliotecario come scioperi, chiusure o aperture straordinarie.

Molto interessante la sezione “utente” che permette di accedere al proprio account bibliotecario e monitorare la propria situazione prestiti o suggerire acquisti ad una biblioteca.

Non può mancare la sezione “impostazioni” che consente di inserire i propri dati di accesso (tramite mail istituzionale unibo o tramite codice dalla tessere bibliotecaria), selezionare una biblioteca predefinita in cui effettuare le ricerche (limitando così il campo di azione della ricerca) o modificare il numero dei risultati visualizzati in una schermata.

La app funziona perfettamente anche tramite una normale connessione dati, rendendosi utilissima soprattutto per chi non ha la possibilità di usufruire di una rete WI-FI. È una risorsa utilissima per gli studenti e per i ricercatori ma anche per curiosi ed appassionati di lettura. La sua semplicità la rende uno strumento accessibile a chiunque e la sua leggerezza, in termini grafici ma anche di software, ne consente l'utilizzo anche sugli smartphone meno recenti.
In definitiva la app SBN-UBO rappresenta un passo avanti notevole nell'ambito della consultazione bibliotecaria, già informatizzata grazie al catalogo online.
Unico neo è l'impossibilità, da parte dell'utente, di accedere allo storico delle proprie consultazioni. Una carenza che speriamo sia colmata con le prossime versioni del software.

domenica 26 giugno 2016

Reti Medievali: una recensione

Tra le risorse online dedicate agli studi medievali non si può non considerare “Reti Medievali” (www.rm.unina.it) realizzato a partire dal 1998 grazie alla collaborazione tra studiosi delle università di Napoli, Firenze, Palermo, Venezia e Verona e successivamente ampliato a studiosi di altri atenei italiani e stranieri.
Nel corso degli anni Reti Medievali si è rivelato uno strumento utile per il confronto tra studiosi e specialisti che, grazie all'uso delle nuove tecnologie, riescono facilmente a condividere e discutere i risultati delle proprie ricerche su una piattaforma autorevole.
Il sito si compone essenzialmente di 8 sezioni principali, navigabili tramite un menù sempre presente nella parte superiore della pagina



La pagina principale (Home) presenta una classica divisione a tre colonne: due laterali, di dimensioni ridotte, da cui è possibile accedere a informazioni generali sul sito e i collaboratori del progetto, navigare nell'archivio delle comunicazioni del sito, contattare la pagina facebook o contribuire con donazioni spontanee al progetto; la colonna centrale è, invece, interamente dedicata alle notizie relative alle iniziative della redazione del sito.
La sezione “Calendario” integra, in parte, le notizie presenti sulla pagina principale fornendo una lista di convegni, passati e futuri, legati al mondo degli studi medievali. Per ogni iniziativa, se disponibile, è presente il programma delle giornate di lavoro e una lista degli argomenti trattati, oltre ai contatti degli stessi organizzatori.

La sezione “Didattica”, purtroppo scarsamente aggiornata, offre una serie di interessanti materiali utili, per l'appunto, alla didattica delle discipline medievistiche sia in ambito universitario, sia per quanto riguarda il mondo delle scuole superiori in modo da “contribuire al raccordo fra studi e didattica di carattere specialistico e formazione e aggiornamento degli insegnanti” così come affermato dagli stessi autori del sito.


 
Le sezione “E-Book” fa parte del progetto “RM E-Book” e intende essere punto di raccordo per la trasposizione dei materiali cartacei in formato elettronico. Al suo interno è presente una lista delle pubblicazioni realizzate da “Reti Medievali”. Nella maggioranza dei casi sono presenti le informazioni minime relative al testo (codice ISBN, indice, abstract) mentre alcune di queste pubblicazioni possono essere liberamente scaricate dall'utente nei diversi formati (pdf, epub, mobi etc.).



La sezione “Memoria” è un dizionario bibliografico in cui sono conservate pubblicazioni (in alcuni casi consultabili online) relative agli studi medievali. Le pubblicazioni sono organizzate in diverse sezioni, a seconda del metodo di ricerca che si vuole adottare: è possibile individuare un testo in base all'autore o i base alla regione di ferimento del testo. Per ogni testo è specificato se si tratta di uno strumento utile all'insegnamento scolastico, universitario o generico approfondimento culturale.
La sezione “Open Archive” rappresenta il fulcro del sito e del progetto “Reti Medievali”: è un autentica raccolta di articoli specialisti relativi agli studi medievali già pubblicate in altre sedi di cui il sito si premura di indicare il luogo originario di pubblicazione.




Oltre alla consultazione del catalogo (per anno, soggetto, istituzione e autore) è possibile, dopo avere effettuato il login, sottoporre i propri articoli alla redazione del sito che provvede alla pubblicazione del materiale all'interno dell'archivio.

La sezione “Repertorio” si propone come una guida tematica alle risorse online disponibili per gli studi medievali. Non si tratta di un mero elenco di links a risorse scelte a caso dalla rete ma di brevi schede descrittive che illustrano l'ambito di ricerca selezionato e le sue peculiarità. Ogni scheda è redatta da uno specialista di cui è presente una scheda biografica e al suo interno può fare riferimento sia ad articoli già pubblicati su altri siti, associazioni culturali, istituti di ricerca.

La sezione “Rivista” è dedicata alla rivista “Reti Medievali”, interamente consultabile online. All'interno di questa sezione sono presenti tutte le informazioni relative alla rivista, alla sua pubblicazione e all'eventuale collaborazione con essa, oltre ovviamente a tutti gli articoli, saggi e recensioni pubblicate al suo interno nel corso degli anni (la rivista è attiva, come il sito, dal 1998).



Il sito è una risorsa fondamentale per gli studiosi del medioevo in quanto 
permette la condivisione di materiale di studio sia in ambito didattico che specialistico. Tecnicamente presenta qualche problema grafico come link non funzionanti, layout visibilmente arretrato, sezioni stilisticamente troppo diverse l'una dall'altra che se da un lato sembrano volute per esaltare l'unicità delle sezioni, dall'altra creano confusione nell'utente poco interessato ai contenuti.
Tuttavia rimane uno strumento altamente consigliato a tutti gli specialisti del settore.

venerdì 24 giugno 2016

Napoli. Un paese curioso. Un teatro antico, sempre aperto.

E’ difficile scrivere di Napoli. Della sua bellezza e di quel sublime miscuglio di arte, cultura e folklore napoletano. Sarà stato per via di questo miscuglio che Elsa Morante la narrava come «la città più civile del mondo. La vera regina delle città, la più signorile, la più nobile. La sola vera metropoli italiana». Eduardo de Filippo, invece, la descriveva come un paese curioso (Napoli è nu paese curioso): «Napoli è un paese curioso, è un teatro antico, sempre aperto. Ci nasce gente che, senza preparazione, scende per le strade e sa recitare. Non lo fanno apposta, ma per loro il panorama è una scenografia, il popolo è una bella compagnia, l'elettricista è Dio che fa vivere. Ognuno fa una parte, una macchietta; si sceglie il tipo, il nome, il trucco, l'intercalare, l'andatura, per avere successo e per farsi guardare».
A curiosare tra le pagine del blog “napoliartmagazine”, sembra di trovarsi davanti al racconto di quel sublime miscuglio di arte, cultura e folklore napoletano, una sorta di teatro sempre aperto, dove il desiderio di far conoscere una città eclettica nel suo genere, «la sola vera metropoli italiana», rivive attraverso lo sguardo di un gruppo di artisti. 


Il blog, infatti, nato nel settembre 2014 ad opera di un artista, Giovanni Manzo, non è soltanto la raccolta di eventi culturali che si susseguono di volta in volta, ma la ricerca continua di scorci meravigliosi che narrano di musica, letteratura, cultura in genere, così come è descritto nella pagina “Progetto Art Magazine”. Perché, cosa che emerge fin dalla “homepage”, la cultura, la storia, il teatro, l’umanità sono l’elemento costitutivo di questo blog. Scrivere di Napoli non è semplice. Eppure il blog nasconde quasi un segreto: l’invitante voglia di raccogliere in un progetto alquanto unico nel suo genere, la passione, l’ansia, la fantasia, la creatività e l’umanità di una città, insieme al peso di secoli di grandezza e sofferenza sulle spalle. Insomma rivive, in questo blog, una Napoli che si lascia ammirare in tutta la sua bellezza e permette, al visitatore, di informarsi e assaporare le tante possibilità che, attraverso inestricabili intrecci, valorizza le peculiarità, la storia e il folklore di una terra tra le più vive e ricche al mondo. 
L’“homepage”, ben curata nel suo aspetto grafico, offre una ricca panoramica delle diverse offerte culturali. Lo schema è semplice e molto intuitivo. Scorrendo la pagina, le diverse iniziative sono catalogate dentro dei contenitori che raccolgono i diversi eventi e/o proposte. Ciascuno di questi contenitori (“Musei”; “Libri”; “Mostre”; “Teatro”; “Musica”; “Cultura”; “Tour”; “Le Capere”) riconoscibile dal titolo e da un colore, divide, in maniera efficace, le informazioni e le attività presentando, in modo attraente, la variopinta realtà dell’offerta culturale. 

Ciascuno dei contenitori svolge il ruolo ben preciso: far nascere il gusto e la curiosità di conoscere, attraverso percorsi facilitati e molti intuitivi, le innumerevoli rappresentazioni di una Napoli dei monumenti, dei vicoli (anch’essi monumenti), dei resti archeologici, dei sapori, delle sfumature del linguaggio, dell’espressività musicale, teatrale e artistica. Perché dalle pagine di questo blog, il visitatore si troverà a vivere la brulicante vita quotidiana e artistica di una città sempre in continuo fermento.   Inoltre, il blog, così come è strutturato, viene a rappresentare anche un richiamo turistico di grande attrazione, coinvolgendo il visitatore in un percorso che è facile definire la sintesi dell’universalismo culturale partenopeo. Ad accompagnare in turista - fruitore del blog, in un percorso di ricerca e costruzione del proprio itinerario culturale napoletano e dello spirito artistico campano in generale,  è la pagina “Guide turistiche a Napoli”, che elenca le diverse associazioni del territorio, pronte a svelare i segreti più nascosti, attraverso dei tour archeologici, artistici, enogastronomici, naturalistici, teatralizzati, folkloristici. 

Una domanda, credo, fa da fil rouge a tutto il blog: come far conoscere il patrimonio culturale e artistico partenopeo? La risposta, ancora una volta, è da trovare in una intuizione di Eduardo De Filippo: «La vita che continua è la tradizione. Se un giovane sa adoperare la tradizione nel modo giusto, essa può dargli le ali. [...] Naturalmente, se si resta ancorati al passato, la vita che continua diventa vita che si ferma - e cioè morte - ma, se ci serviamo della tradizione come d'un trampolino, è ovvio che salteremo assai più in alto che se partissimo da terra!» In questo blog rivive quella tradizione napoletana che, così come è descritto dagli autori stessi, parla «dell’arte così come si articola in maniera peculiare ed unica in questo nostro lembo di terra di plurimillenaria ininterrotta civiltà».

mercoledì 22 giugno 2016

Basta una citazione? Tre app dedicate a Martin Luther King

Qualche anno fa, quando ancora non sapevo di essere allergica alla nocciola, adoravo i Baci Perugina: a testimonianza di questa mia passione, ho ancora una scatoletta piena dei caratteristici bigliettini che vengono incartati insieme ai cioccolatini. Si tratta per lo più di concise frasi romantiche, elaborate sia da autori anonimi che da scrittori illustri.

A dispetto della mia allergia, esistono oggi molteplici modi per recuperare delle citazioni. La tendenza sembra essere particolarmente diffusa nel web, come dimostra l’esistenza di centinaia di applicazioni dedicate alle frasi celebri di scrittori o personaggi storici. Una tale quantità di offerta è giustificata dal fatto che gli utenti sembrano apprezzare il prodotto, tant’è che molte di queste applicazioni superano le diecimila installazioni. Quali sono i motivi di tale successo? 

La forma stessa della citazione, lapidaria e immediata, favorisce una fruizione veloce e alla portata di un pubblico ampio. È con l’avvento e la diffusione dei social network che la citazione ha trovato una nuova ragione di esistere, proprio in virtù della sua fondamentale caratteristica: la brevità. Costituisce dunque un contenuto adatto alla condivisione, in grado di esprimere significati profondi nel limite dei caratteri di un tweet. Allo stesso tempo, la citazione può rivestire un’importanza non secondaria dal punto di vista della divulgazione storica. A questo proposito Coretta Scott King, moglie di Martin Luther King, scrisse: «Spero che questa raccolta di citazioni […] possa servire a ricordare ai lettori chi era e per cosa lottava Martin Luther King Jr, e quanto oggi resti ancora da fare a tutti noi» (Martin Luther King JR, Il sogno della non violenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2013).

Anche le app dedicate al leader dei diritti civili rispondono a questa esigenza? Guardando su Google Play, l’utente non ha che l’imbarazzo della scelta di fronte ad almeno una decina di prodotti che ripropongono le sue affermazioni più celebri.


Alcune delle app dedicate a Martin Luther King (Google Play)

Dopo aver vagliato le applicazioni presenti, ne ho selezionate tre disponibili gratuitamente per Android, che in base ai criteri della completezza e dell’originalità meritano di salire sul podio: Martin Luther Quotes di Quoteswave; Martin Luther King di Prometheus; Martin Luther King to Share di Marco Piaggio.

Ritengo che la migliore tra le tre sia Martin Luther Quotes di Quoteswave, l’unica a offrire un servizio di notifica quotidiana. In questo modo essa assicura una presenza giornaliera dell’utente nell’applicazione, con conseguente e giustificato interesse da parte delle realtà pubblicitarie. Inoltre, nonostante il titolo, l’app non si limita alle sole citazioni (peraltro ben suddivise in categorie), ma propone anche una sezione dedicata alla biografia del personaggio. A ciò si aggiunge la possibilità di organizzare i contenuti in base alle proprie preferenze, di conoscere le citazioni più popolari nella sezione «Top 20» e, infine, di personalizzare le impostazioni del font.


L'app Martin Luther Quotes di Quoteswave

Al secondo posto di questa classifica, grazie alla sua semplicità, si piazza Martin Luther King di Prometheus. L’elegante forma del testo e la presenza di un unico comando, quello della condivisione, fanno sì che l’applicazione sia facilmente fruibile da qualsiasi utente. Tuttavia, la linea sottile tra l’essenzialità delle informazioni e la mancanza di contenuti è spesso labile. Le citazioni non sono datate né organizzate in categorie, bensì si preferisce indicare l’autore che, ovviamente, è sempre lo stesso!

La medesima assenza di precisione è presente anche in Martin Luther King to Share, l’app sviluppata da Marco Piaggio. Un peccato vista la quantità e la ricercatezza dei contenuti proposti e la volontà di raggiungere anche l’utenza italiana (le citazioni sono state tradotte in italiano). Inoltre, originale è la funzione audio per le citazioni, anche se appare discutibile la scelta di utilizzare una voce femminile elettronica, molto simile a quelle installate nei navigatori.

In conclusione, la tendenza a riproporre le citazioni di personaggi storici è particolarmente diffusa sul web. Tuttavia ho l’impressione che a occuparsene siano soprattutto degli appassionati della materia, motivo per cui emergono incompletezza e inattendibilità dei contenuti. A ciò si aggiunga il fatto che, di base, le applicazioni e le citazioni non possono essere considerate degli strumenti sufficienti per inquadrare un personaggio o per comprendere il contesto storico in cui questo è vissuto. Eppure la divulgazione storica e chi ne usufruisce passano anche di qui.

martedì 21 giugno 2016

Terre di confine: anche un piccolo paese può fare Storia

Cartolina degli inizi del Novecento, raffigurante il torrione, risalente al XV secolo, di fronte all'ospedale civile di Castel Bolognese

Che cosa determina l’importanza di un ruolo nella Storia? Si può essere piccoli, insignificanti e tentare di valorizzare la propria storia?
Non ci sono risposte assolute a queste domande, ma se la Storia la fanno i vincitori, questo non vuole dire che anche le piccole realtà non abbiano qualcosa da raccontare.
Se si percorre la via Emilia nel tratto tra Imola e Faenza si incontra Castel Bolognese, piccolo paesino romagnolo, da sempre al centro di scontri ed eventi importanti, ma sostanzialmente ignorato rispetto a città più grandi.
Il sito La Storia di Castel Bolognese tenta di fare proprio questo, raccontare e valorizzare la storia di questa piccola cittadina: fondata per volontà di Bologna negli anni Ottanta del XIV secolo a causa delle contese territoriali tra la città universitaria, Faenza e Ravenna, occupata e distrutta da Cesare Borgia nel 1501, risparmiata dalla peste del 1630 secondo la tradizione, tanto che per quella grazia si rispetta ancora oggi un voto, che i castellani fecero alla Madonna quasi quattrocento anni fa e martoriata da mesi di guerra, durante la sosta del fronte della Linea Gotica sul fiume Senio, tra il 1944 e il 1945.
Tanti sono gli avvenimenti che hanno caratterizzato la storia di Castel Bolognese, eventi che hanno segnato in piccolo la tradizione e il folclore del paese, le vite di singole persone, e che si intrecciano con la macro storia dell’Italia diventandone un frammento importante, un tassello imprescindibile.
Il sito è strutturato in maniera semplice e intuitiva: la Home contiene una presentazione del sito, ad essa è affiancata una pagina di presentazione di Castel Bolognese come città, comprendente alcuni cenni storici fondamentali, mentre i contenuti sono ordinati per categorie e secondo un indice analitico.


Gli argomenti trattati dal sito spaziano dai semplici fatti storici avvenuti nel paese dalla sua fondazione ai giorni nostri, passando per la storia degli edifici importanti, alle biografie di cittadini eminenti, alle testimonianze e ai ricordi di persone comuni riguardanti eventi storici o del folclore, fino a raccontare di avvenimenti e tradizioni locali caratteristiche.
Il sito raccoglie informazioni che possono essere utili, sia per conservare e mantenere il ricordo di piccoli fatti della vita della comunità di Castel Bolognese, portandone avanti la tradizione per i cittadini stessi, ma anche per narrare e descrivere la storia di un piccolo paese, a coloro che non la conoscono e vogliono scoprirla, divulgando allo stesso tempo conoscenze più ampie su un vasto arco temporale della storia del territorio.
Non sempre bisogna essere grandi e importanti per essere ascoltati, anzi, spesso sono le storie delle piccole realtà, che unite insieme, permettono un’analisi più specifica e dettagliata dei fatti storici generali di un Paese; come in un puzzle in cui tutti i pezzi incastrati assieme creano il disegno, anche nella ricostruzione della Storia vige lo stesso principio, in cui piccoli fatti concatenati creano la grande trama del nostro passato.

Fotografia della Torre dell'orologio di Castel Bolognese risalente al XIV secolo, distrutta con mine dai tedeschi il 4 febbraio 1945 

(Quasi) un buon sito

Premessa. Chi scrive conosce bene il legame stretto tra la Valle d'Aosta e il turismo. Lo stesso, per intenderci, esistente tra un vegano e una grigliata mista; fastidio e, quasi, ribrezzo. Il perché, non è noto. Detto questo, il Forte di Bard rappresenta una piacevole eccezione; sembra, quasi, tu sia il ben accetto. Entrando in quella meravigliosa fortezza primo-ottocentesca non ti senti, per dire, come un centroafricano capitato per sbaglio al raduno di Pontida. 
Il sito ufficiale del Forte è ben fatto. O quasi. L'home page risulta un pochino confusionaria, costellata di sezioni news e sponsor. Preso fiato, però, è possibile navigare in maniera logica. Nella parte alta dell'home page una serie orizzontale di finestre, permette di conoscere le essenziali notizie relative al Forte; dal come raggiungerlo, alla storia passando per i musei e le mostre, sino all'immancabile(?) negozio di souvenir.




Aprendo una sezione a caso, quella delle mostre, si possono comprendere sia il grande attivismo del forte dal punto di vista culturale ma, per quanto concerne il sito, anche una grande occasione mancata. Un archivio, quasi, imponente privo però non tanto di un rimando web - magari una mostra virtuale, ma sarebbe troppo bello - quanto nemmeno di una gallery. L'archivio mostre, quindi, rimane come un elenco di tante belle cose. Vero, una gallery è presente nel sito, a sinistra ma basta navigarla per comprenderne l'inutilità.
Essenziale è, invece, la sezione musei. Risultano, infatti, di facile fruizione sia i vari musei presenti all'interno del forte sia gli orari e le tariffe. Dal punto di vista estetico, per quanto concerne il museo principale, quello Delle Alpi, purtroppo nemmeno il virtuale può eliminare l'insegna reale progettato, si presume sul modello Motel statunitense anni Ottanta.


Scorrendo velocemente nelle altre sezioni, degne di nota sono quelle dedicate alla didattica - con una serie di belle iniziative per le scuole - e ai numerosi eventi sia sportivi che culturali ospitati o legati in qualche modo al forte. Nulla da eccepire, semplici da navigare e piuttosto intuitive, coronate da una grafica essenziale ma gradevole. La nota dolente, però, giunge alla fine. Quando, per curiosità, può venir la voglia feticista al visitatore di gettarsi nello store online, arriva la scoperta; è il catalogo Decathlon. Questa, senza dubbio alcuno, la prima impressione. Ora qui non si vuole fare il solito borioso discorso da salotto culturale della Roma bene degli anni Settanta sulla mercificazione della cultura né tantomeno rileggere il sillogismo tremontiano sulla cultura e il cibo ma, ecco, risulta quantomeno curioso che la sezione maggiormente dettagliata sia quella dove vengono messe in vendita magliette e gadget kitsch. Ma alla fine, è come la toilette nei ristoranti; in fondo a destra. Basta non avere urgenze. 

sabato 18 giugno 2016

Un periodico virtuale. Uno spazio aperto: il Journal del Centro d'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato

Dopo il Forum dell’arte contemporanea e prima della sua riapertura al pubblico, prevista per il prossimo 16 ottobre, il Centro d’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato ha dato vita a un altro e interessante progetto: il Journal.

Nato come spazio virtuale di costruzione della mostra inaugurale intitolata alla fine del mondo, il Journal è un luogo partecipato, interattivo e aperto tutti. Un’area arricchita di volta in volta non solo da anticipazioni, video e foto di backstage, ma anche da interviste ai protagonisti della mostra stessa, i cui contenuti, quindi, sono messi a disposizione di tutti, soprattutto di tutte le comunità online che, quotidianamente, interagiscono sui social media.



Un nuovo modo di comunicare la mostra e le attività del Centro è l’obiettivo di questo progetto, attraverso il quale si tenta anche di riformulare il concetto, forse già da un po’ superato, di esclusività dell’informazione.

Innegabile riflesso di ciò sono le diverse parti costituenti il Journal, a sua volta caratterizzato da una home page al quanto semplice e minimale: Recenti, Letture, Annunci, Scenari, IntervisteTra queste,  Frammenti contiene articoli che portano la firma di Wlodek Goldkorn, Apocalypse Now, e di Fabio Beltram, L’importanza di immaginare, a differenza di Interviste che , invece, è lo spazio in cui sono conservate le chiacchierate che la redazione del Journal ha fatto, ad esempio, con Piergiorgio Odifreddi, L’equazione del Giudizio Universale, Qiu Zhijie, Il cartografo dell’umanità, Paco Ignacio Taibo, Taxi Utopia, ecc. Quanto a Scenari, questa è la sezione in cui, a oggi, si rinviene l’articolo di Fabio Cavallucci, attuale direttore del Centro Pecci, La fine del mondoSi tratta di articoli che sono tutti condivisibili sulle piattaforme di Facebook, Twitter, Google+, ovvero possono essere inviati come allegati di email.



Ebbene, la fine del mondo, che si è detto essere l’argomento della mostra che darà inizio alla nuova vita del Centro, è anche l’hashtag mediante il quale si raggruppano tutti i contenuti che ruotano intorno a questa stessa tematica. Uno spazio, allora, che permette agli utenti di accedere facilmente alla lettura di determinati articoli e che garantisce loro di avere una visione d’insieme.

Inoltre, a corredare l’home page del Journal vi è anche la sezione Dal Web, là dove la redazione pubblica articoli che, trovati in rete, in qualche modo hanno a che fare con la fine del mondo. Non sempre sono articoli in lingua italiana e di recente edizione, ma sempre ciascuno di questi è preceduto da una breve introduzione, atta alla spiegazione dei contenuti affrontati. Le fonti, che nella maggior parte dei casi variano da articolo ad articolo, sono ovviamente rese note a ogni pubblicazione.



Alla stregua di un periodico, il Journal è aggiornato ogni settimana, riproponendosi sempre come uno spazio che, facendo l’arte da sfondo, si fa divulgatore dei diversi ambiti del sapere con letture interessanti e mai banali, nonché con contenuti che, senza dubbio, destano curiosità presso la comunità degli utenti... Buona visita e buona lettura!

lunedì 6 giugno 2016

Il Sessantotto. Ricerca o motori di ricerca?

Che cosa occorre, e cos'è necessario, per dare avvio una narrazione storica complessa? Cos'è che determina la complessità di una narrazione storica? Attraverso quali strumenti si può suscitare una narrazione solida e problematica, diffusa e non ricorsiva? Sono domande, queste, necessarie ed imprescindibili quando una qualche scadenza memoriale inizia ad avvicinarsi a passo deciso. A maggior ragione quando si tratti di anniversari di eventi con un ampio grado di generalizzazione, che investono gli agenti culturali di società disparate. Ed il rischio che la generalizzazione scada in genericità, quando non in banalizzazione, è in questi casi molto elevato. Ancora di più quando le risorse cui si attinge galleggiano indisturbate e (peggio) incontrollate in rete, con l'illusione di far parte di una rete di memoria magari perché all'infinito replicano gli stessi contenuti dall'una all'altra. Ma di fatto, in assenza di mediatori qualificati, la memoria in rete è fatta narrazioni solipsistiche, egocentriche, soprattutto nel caso di memorie particolarmente ideologizzate. E la scadenza del cinquantenario del Sessantotto, una narrazione che porta in grembo ideologizzazioni diverse, contraddittorie, contrastanti. O tra loro del tutto parallele, in senso geometrico, ossia che su di uno stesso piano non possono proprio incontrarsi, ma che se portate verso l'infinito incalcolabile costituito dalla memoria pura e semplice in un modo o nell'altro le puoi costringere all'incontro. Difficile ad esempio far convergere il Sessantotto degli studenti polacchi, in rivolta in marzo per la campagna anticulturale ed antisemita del governo di Gomulka con il Maggio francese parigino. Anche limitandosi ad un contesto nazionale, quello italiano, l'appianamento dei movimenti studenteschi negli atenei di, ad esempio, Roma e Trento, sarebbe a forte rischio forzatura senza un'accurata indagine se non altro storiografica. Affidare una ricerca, anche sommaria, agli umori del motore di ricerca, insomma, potrebbe essere una scelta profondamente sbagliata, e profondamente dannosa se, come prevedibile, nel giro di due anni prolifereranno articoli, interviste, rammemorazioni e racconti di ogni genere per rimarcare il cinquantenario dell'anno fatidico. La rete, oltre che il liquido di galleggiamento di scivolose esposizioni, può altresì essere il contenitore di strumenti appropriati per definire una cornice interpretativa (o meglio una cornice di cornici interpretative) di un certo spessore storiografico, che dia indicazioni per narrazioni specialistiche, divulgative, didattiche o anche soltanto utili per riempire la pagina culturale della qualsivoglia testata. Per certi versi in realtà la rete è quel contenitore, non tanto per suo merito quanto per merito di chi ha deciso di porsi come effettivo strumento digitalizzato per la ricerca storica. Digitalizzato, e non digitale, dal momento che la documentazione utile per una ricerca sul Sessantotto non può che essere stata prodotta analogicamente, essere in sostanza fatta di carta (o, al massimo, di celluloide).

Se prendiamo il caso del Sessantotto italiano, nell'archivio del ministero dell'Interno, presso l'Archivio Centrale dello Stato, sono conservati numerosi fascicoli di fondamentale importanza per una reale storia dei movimenti ascrivibili al Sessantotto, tanto nel fondo del Gabinetto quanto in quello del Dipartimento di pubblica sicurezza. Certo, l'ACS ha dei tempi di digitalizzazione che eufemisticamente possono definirsi dilatati, anche in ragione di una endemica assenza di risorse finanziarie, ed è auspicabile che in un futuro prossimo venga approntato un servizio di fotoriproduzione remota dei fascicoli direttamente dal portale, sul modello dei National Archives britannici. Ma basterebbe sfogliare la guida ai fondi per rendersi conto delle quantità e qualità delle fonti disponibili. Possono essere d'aiuto, per quanto si tratti di fonti a stampa e pertanto, in linea generale, gerarchicamente subordinate agli archivi istituzionali, gli archivi on-line de «l'Unità» e de «La Stampa». Si tratta di due operazioni di digitalizzazione di grandissima importanza che si impongono come strumenti imprescindibili per la storia dell'Italia repubblicana, rappresentando le voci del Partito comunista e del principale polo industriale del Paese. I due archivi risalgono fino alla fondazione della testata (1867 per «La Stampa», 1924 per «l'Unità»), rappresentando così un patrimonio di grande valore.

Per entrambi i portali è stato predisposto un motore di ricerca interno che punta direttamente ai testi degli articoli: uno strumento di grande efficacia. Nell'insieme, l'archivio storico digitale de «La Stampa» appare più particolareggiato in alcune funzioni (la ricerca avanzata, l'esportazione delle scansioni delle pagine in formati diversi) e più curato nel design, in ragione di un'interfaccia vettoriale dedicata, che tuttavia rallenta la navigazione. Di contro, quello de «l'Unità» è più elementare, lievemente meno intuitivo ma funzionalmente più rapido. Ma di là da considerazioni tecniche, si tratta, o si dovrebbe trattare, di due strumenti primari per approfondire, impostare o anche solo immaginare una narrazione del Sessantotto italiano.

A voler guardare in coeva retrospettiva l'anno fatidico, o valutarne alcune prospettive immediate, si può accostare l'archivio digitalizzato di «Lotta Continua», organo dell'omonimo movimento extraparlamentare, fondato come settimanale nel 1969 e pubblicato come quotidiano dal 1972 al 1982. La collezione è pubblicata nella sua (quasi) interezza in una sezione della Fondazione Erri De Luca, fondata a Roma nel 2011 dallo stesso scrittore già militante di LC. Per quanto più specificamente fonte per la storia degli anni Settanta, l'archivio di «Lotta Continua» fornisce elementi importanti per osservare gli esiti di una parte del movimentismo di origine sessantottesca. La realizzazione del portale, vagamente artigianale (con un design preconfezionato di un comune CMS) il fatto che non sia posto su di un dominio proprio, restando invece quasi celato su quello della fondazione, stridono rispetto al valore storico dell'archivio, che meriterebbe un trattamento più accurato.