domenica 26 febbraio 2012

MEMORO: una banca della memoria on-line


Negli ultimi venti anni il mondo degli storici ha coordinato molteplici progetti di raccolta e conservazione delle memorie di comuni protagonisti della storia novecentesca, inizialmente nella forma di semplici interviste audio e, in seguito, anche attraverso audiovisivi, normalmente consultabili nelle sedi di riferimento (esemplari sono l'Archivio della Memoria delle donne e gli Archivi della Resistenza). Rispetto a questo panorama, appare del tutto innovativa ed eterodossa la nascita, nel 2007, diMemoro: una Banca della Memoria esclusivamente e liberamente disponibile on-line. L’idea di quattro giovani torinesi è stata quella di raccogliere, conservare e diffondere attraverso dei brevi audiovisivi (10-15 min) i ricordi di vita di persone comuni, di tutta Italia e di tutte le classi sociali purché nate prima del 1950, attraverso uno specifico strumento: internet.



Nel giro di pochi mesi il progetto ha avuto un notevole riscontro su numerose testate giornalistiche ed emittenti televisive regionali e nazionali (si veda la sezione Rassegna stampa). Inoltre è divenuto un vero e proprio riferimento mondiale tanto da promuovere fino ad oggi l’apertura di altre dodici Banche della memoria (USA, Argentina, Porto Rico, Venezuela, Francia, Germania, Grecia, Spagna, Gran Bretagna, Polonia, Giappone, Camerun), raggiungendo un numero di visualizzazioni che sta per toccare gli 8 milioni.

Che alla base del progetto ci siano delle menti giovani è intuibile non solo dalla scelta di una grafica moderna e al tempo stesso minimalista, da un caricamento dei filmati rapido e accessibile a chiunque, dalla geniale interattività del portale o dalla sua condivisone con i maggiori social network ma, soprattutto, dai due fondamentali presupposti che lo hanno ispirato.

Primo, perché non venga inghiottito nel diffuso presentismo della nostra epoca, il racconto orale deve rivelarsi al mondo dei più giovani e di conseguenza essere riadattato ai nuovi linguaggi tecnologici. Così, “i savi”, coloro che per generazione guardano alle nuove tecnologie come una specie di tabù, sono chiamati a parlare, a raccontare, a donare i ricordi di una vita proprio attraverso di esse. Internet è lo strumento per eccellenza delle nuove generazioni e scegliendo quest’ultimo come “contenitore – luogo digitale” in cui conservare e con cui diffondere questa mole di testimonianze, si vuole favorire una fruibilità sempre più elastica. Superando ogni limite imposto dalla stessa natura di un archivio reale, una banca della memoria completamente on-line permette di accedere al materiale da qualsiasi luogo del mondo (a patto che si disponga di una connessione internet).

In più, se normalmente si consulta un archivio solo previa conoscenza o sulla base di un reale interesse per la storia e la memoria, con Memoro aumenta esponenzialmente la possibilità che le nuove generazioni si imbattano anche casualmente in questo genere di materiale, per poi, magari, finirne incantate.

Secondo, è necessario che il lavoro di ricerca e conservazione della memoria fuoriesca dal tradizionale ambiente accademico e archivistico. In questo senso, Memoro può essere letto anche come un’alternativa alle strutture istituzionali per eccellenza in merito di conservazione e diffusione di memoria, o meglio, come una reazione alle loro mancanze, alle loro difficoltà e alla loro apparente chiusura nei confronti del mondo dei non specialisti. Sulla base di ciò, la raccolta dei filmati è stata pensata in duplice modo: sia attraverso l’autoproduzione redazionale e sia attraverso il libero caricamento da parte di tutti quegli utenti, denominati “cercatori di memoria”, che per qualche buona ragione sono desiderosi di collaborare all'iniziativa.

A margine delle sue indiscusse potenzialità, appare impossibile non fermarsi a riflettere sulle conseguenze di un progetto di questo tipo e, in particolare, mi preme domandare: “Quali risvolti potrà mai avere in futuro l'attuale democratizzazione delle specifiche competenze e prerogative di uno storico?”

giovedì 16 febbraio 2012

Passeggiando lungo il Tamigi e la sua storia



Se qualcuno ha in programma un soggiorno a Londra oppure vi risiede e intende approfondire la conoscenza storica delle aree affacciate sul fiume che la attraversa, oltre a munirsi di una buona guida turistica tascabile reperibile in qualsiasi libreria potrebbe connettersi al sito Memoryscape e da qui scaricare gratuitamente nel proprio iPod o smartphone (può anche acquistare i CD, se preferisce) alcune audioguide uniche nel loro genere. Lo storico Toby Butler, ideatore del progetto e speaker principale, ha allestito quattro itinerari lungo il Tamigi che possono essere percorsi ascoltando nelle cuffie le voci autentiche (frutto di interviste) delle persone che vissero, e talvolta tuttora vivono, in quei luoghi. In tal modo, alla competenza culturale e professionale di Butler si alternano i ricordi, le impressioni e i punti di vista particolari di gente comune e questo permette di cogliere meglio le trasformazioni, edilizie e paesaggistiche e conseguentemente economiche e sociali, che si sono susseguite nel corso degli anni e di comprendere quali aspettative abbiano suscitato nella popolazione locale e quale sia stata l'accoglienza riservata a questi cambiamenti. Insomma, un tentativo di viaggiare nel tempo rispettando le leggi della fisica.....                                                                                   

Gli itinerari proposti sono quattro: Drifting, dedicato alla zona di Hampton Court; Dockers per l'area di Greenwich; Liquid History per Elmbidge e infine Ports of Call per i Royal Docks. A differenza dei primi tre, le cui rispettive pagine di presentazione sono presenti su Memoryscape e i file disponibili nella sezione di download, cliccando sull'ultimo itinerario si viene reindirizzati ad un omonimo sito dove è possibile trovare quattro singoli “soundwalks” corrispondenti ad altrettante aree dei Royal Docks. Una costola di Memoryscape, dunque, supervisionata sempre da Toby Butler e probabilmente anche più ambiziosa in virtù dell'apprezzamento ottenuto dal prototipo originale.               

L'impatto emotivo può essere sperimentato appieno unicamente percorrendo fisicamente le tratte proposte, ma un uso esclusivamente domestico di Memoryscape (e Ports of Call, del tutto analogo nelle modalità di fruizione) risulta comunque piacevole ed arricchente. Nella pagina di presentazione di ogni itinerario è visualizzata una carta geografica della zona di interesse, che è statica e interna al sito per quanto riguarda Drifting e Dockers mentre è realizzata appoggiandosi a Google Maps per Liquid History e Ports of Call; nella mappa sono contrassegnate le tappe della marcia: cliccando sopra i segnaposto è possibile ottenere informazioni ed ascoltare la parte del file audio inerente a quel punto. Segno importante di un'attenzione anche nei confronti di chi, pur incuriosito, è impossibilitato a recarsi personalmente in loco.                              

Dal momento che Memoryscape costituisce un esperimento di notevole interesse e dai risultati finora assai positivi è auspicabile che il progetto si estenda ulteriormente, sia nello sfruttamento delle possibilità che la tecnologia informatica mette a disposizione sia nei contenuti, coprendo anche altre realtà storiche e geografiche. 

NOTE
Dockers e Drifting sono stati realizzati grazie al sostegno della Royal Holloway University, dell'Economic and Social Research Council e del Museum of London; Liquid History e Ports of Call grazie al contributo rispettivamente dell'Elmbridge Borough Council e del Heritage Lottery Fund.   

mercoledì 8 febbraio 2012

A Budapest il Terrore è… multimediale

A Budapest, in Andrássy út 60, nel palazzo in cui un tempo aveva sede il quartiere generale della Polizia Segreta prima nazista e poi comunista, è aperta dal febbraio 2002 la Terror Háza (Casa del Terrore). Questo museo interattivo è stato dedicato alla memoria dei crimini commessi in Ungheria dai due regimi e alle loro vittime. Il palazzo è stato interamente rinnovato, sia all’esterno che all’interno per opera dell’architetto Attila F. Kovács. Il restauro esterno è stato organizzato in modo che la costruzione si stagli in maniera netta rispetto alle altre presenti nella strada, mentre per gli interni si è pensato di acuire l’importanza dei documenti presenti sottolineandoli grazie alle musiche di sottofondo, composte da Ákos Kovács, che privilegiano gli strumenti a corda e che accompagnano il visitatore per tutta la durata del percorso.
Esterno della Casa del Terrore
La visita inizia dal piano terra dell’edificio, per poi proseguire al primo e al secondo piano, dove avvenivano gli interrogatori dei prigionieri politici, per scendere infine nei sotterranei, là dove si trovavano le celle e dove avvenivano le torture da parte della Államvédelmi Hatóság o ÁVH, la polizia segreta ungherese emanazione del KGB russo. La discesa nei sotterranei dell’edificio è particolarmente interessante da un punto di vista comunicativo: i visitatori entrano in un ascensore che si muove in modo impercettibile, le cui pareti trasparenti non mostrano altro se non una leggera penombra man mano che ci si avvicina al suolo. Per i minuti di permanenza nella cabina, si “costringe” il visitatore a guardare uno schermo piatto collocato su una parete dell’ascensore, e in cui viene proiettato un documentario che spiega come si svolgevano gli interrogatori e le torture.
Al suo ingresso in ogni sala del museo, il visitatore può prendere un foglio (in inglese o in ungherese) che spiega gli avvenimenti storici e politici allestiti in quello spazio. Ciò è utile in quanto non obbliga il visitatore a leggere sul posto una notevole quantità di informazioni che dimenticherebbe non appena passato alla sala successiva, invece consente di leggere sul momento ciò che interessa alla contestualizzazione immediata, e magari approfondire in seguito con calma il resto. Sugli schermi presenti nelle diverse sale, sono gli stessi testimoni del periodo a prendere la parola, attraverso interviste proiettate che si alternano a filmati documentari: è possibile farsi un’idea di questi materiali visitando la sezione “cinema” del sito ufficiale del museo. In alcune sale si possono inoltre ascoltare diversi documenti audio, sia in originale ungherese che in traduzione inglese, semplicemente sollevando il ricevitore di uno dei telefoni dell’epoca e appoggiandolo all’orecchio.
Documenti multimediali coesistono con reperti dell’epoca, in un’esposizione essenziale ma incisiva: abiti, oggetti, un carro armato, un’automobile, materiale cartaceo, fotografie. A questo proposito, è interessante notare la scelta di dedicare l’ultima sala del museo ai victimizers. Le loro fotografie e i loro nomi testimoniano la vergogna di coloro che hanno contribuito attivamente, di persona o con il loro silenzio, alla tortura fisica e psicologica delle vittime.


 


Una delle sale del museo: a sinistra sono
collocati alcuni telefoni provvisti di registrazioni,
a destra si alternano uniformi naziste
e comuniste sormontate da filmati su schermi

Sala “Justice”: nell’ex archivio del palazzo, un
filmato mostra cos’erano i tribunali popolari e
come amministravano la giustizia

venerdì 3 febbraio 2012

Il museo virtuale di Baghdad

Baghdad: a chi non viene in mente pronunciando questo nome le favole delle Mille e una Notte o le antiche civiltà dei Sumeri, dei Babilonesi, degli Assiri? E’ terribile pensare che questa antica capitale, chiamata dall’età islamica “Sede di Pace”, sia oggi interdetta ai visitatori a causa della guerra che continua a devastare l’intero territorio iracheno.
Home page del Museo Virtuale di Baghdad
Come fare dunque a visitare i meravigliosi tesori che questa terra nasconde? Grazie ai nuovi media applicati alla comunicazione storica, ciò è finalmente in parte realizzabile. Dal 2009 è infatti possibile visitare il Museo Virtuale di Baghdad, curato dal Consiglio nazionale delle ricerche per il Ministero degli Affari Esteri, sotto la direzione scientifica dell’archeologo e ricercatore CNR Massimo Cultraro. 
Il progetto è il frutto di due anni di lavoro di una squadra di cento persone tra archeologi, tecnici informatici, filologi esperti di cultura mediorientale e islamica, storici e tecnici del suono (ogni sezione del percorso virtuale è infatti accompagnata da una colonna sonora ispirata alle musiche popolari irachene). 
Sala Achemenide e Seleucide
Dopo un breve filmato introduttivo, il visitatore viene condotto ai piedi di una ripida scalinata in cima alla quale si affacciano gli ingressi ad otto stanze: preistorica, sumerica, accadica e neosumerica, babilonese, assira, achemenide e seleucide, partica e sasanide, islamica. All’interno di queste sale tematiche sono suddivisi circa 77 tra i più illustri reperti contenuti nel museo originale. La novità è che ogni oggetto può essere esplorato in 3D, consentendo al visitatore non solo la consueta visione frontale, ma anche la possibilità di manipolarlo, di girarci attorno per osservarne tutti i lati e la volumetria.
Particolare Sala Assira
Per ogni reperto esposto nel museo virtuale sono presenti due opzioni: la scheda informativa-didattica, la funzione “esplora” che ne consente la visione tridimensionale; per alcune opere è presente anche un filmato che le contestualizza nel territorio e nel periodo storico. L’intera visita virtuale ha una durata complessiva di 6 ore ed è disponibile in tre lingue: inglese, arabo ed anche italiano. Nella home page viene segnalato che per navigare nel sito, per vedere i filmati e gli oggetti 3D è necessario scaricare due programmi gratuiti (Adobe Flash Player e QuickTime ) dei quali viene comunque fornito il link. Le interfacce che si incontrano sono molto chiare ed anche i contenuti sono illustrati in modo tale che non solo gli esperti, ma anche gli appassionati possano apprezzare i tesori che racchiude questa speciale esposizione. Consiglio quindi vivamente una visita a questo particolare museo, nella speranza che un giorno si riesca nuovamente a visitare anche quello originale.