lunedì 26 novembre 2012

Un colorato albero della memoria


Custodire in uno spazio virtuale, in una piattaforma multimediale, la memoria della storia italiana della prima metà del ‘900. Dal fascismo all'antifascismo, dalla seconda guerra mondiale alla Liberazione passando per la Resistenza e la deportazione. Tutto ciò attraverso una molteplicità di fonti provenienti da tutta Italia:  documenti, fotografie, filmati d’epoca, interviste di testimoni. Con l’obbiettivo di creare un museo virtuale che possa affiancare i musei più convenzionali. Questo è il progetto su cui ha lavorato per mesi l’Istituto Alcide Cervi, con il contributo di diversi partners, tra cui la Cassa Padana BCC. Oggi questo progetto, in continua espansione, ha preso forma e si è concretizzato nel portale Memorie in cammino nel tempo e nello spazio.
Il desiderio era quello di rappresentare la dimensione nazionale dell’istituto attraverso il contributo di tutti i suoi soci istituzionali - piccoli e grandi comuni, provincie e regioni; e inoltre di enti, istituti e associazioni che hanno aderito al progetto. Con l’intenzione di attrezzarsi anche per accogliere materiali da privati cittadini.
Estremamente interessante è stata l’idea di realizzare un blog che raccontasse in tempo reale l’iter che la redazione di Memorie in cammino ha percorso e continua a percorrere per raccogliere tutto il materiale che nel portale si è trasformato in memoria condivisa. Una sorta di diario di bordo, una finestra da cui seguire gli incontri, le scoperte, le storie che sono dietro a quei contenuti.
La prima volta che vi ho navigato sono rimasta piacevolmente sorpresa non solo dall'idea alla base del progetto, ma soprattutto dalla bellezza della sua realizzazione grafica. Sul nero sfondo delle pagine, ricorre la presenza di un albero “stile - Alice nel paese delle meraviglie”. Le radici di questo albero circondano un grande globo terrestre, color senape, che racchiude in sé i luoghi della memoria. I rami reggono alle loro estremità dei rotondi frutti colorati di varie misure: i quattro più grandi mostrano il disegno di una bandierina, simbolo degli eventi, di una sagoma umana, simbolo delle persone, di orme di piedi, simbolo dei racconti, e infine di una chiave, simbolo delle tags.
Cliccando sopra ciascun punto di questa mappa di navigazione veniamo rimandati alle specifiche sezioni dove è possibile selezionare i temi, gli ambiti e quindi le fonti che più ci interessano. Rispettando un certo rigore metodologico, per ogni fonte abbiamo una scheda con l’immagine ad alta risoluzione, una sua breve descrizione e contestualizzazione, l’archivio di provenienza, la possibilità di esplorare fonti correlate e le parole chiave ad essa associate. La ricerca può essere effettuata anche attraverso un campo apposito presente nella home page, ma anche muovendosi sulla linea del tempo che ricorre in basso alla pagina e dove, sotto forma di puntini di diverso colore, sono state indicate e collocate cronologicamente tutte le fonti presenti nel sito.
Come l’intrecciarsi dei rami di un albero, anche l’architettura di Memorie in cammino dà vita a una trama di georeferenza costante che collega tra loro eventi e storie diverse, avvicinando luoghi e comunità nel medesimo contesto storico e unendoli in un percorso facilmente e intuitivamente fruibile.

domenica 18 novembre 2012

Quando l'archivista diventa un narratore

   Nell'immaginario comune, la figura dell’archivista corrisponde per lo più a quella di un grigio burocrate che si aggira come un’ombra in mezzo a scaffali polverosi intento a riordinare pile di documenti lisi che, molto probabilmente, non interessano a nessuno. Non regge assolutamente il confronto con le mirabolanti avventure in paesi esotici che possono capitare a un archeologo, per citare una delle tante categorie che ricorre all’assistenza degli archivisti con una certa frequenza. E l’archivio stesso non è nient’altro che il deposito (magari ubicato in un elegante palazzo del centro storico, ma pur sempre un deposito) dove i documenti, o meglio le scartoffie, vengono ammassate in ordine sparso o comunque decifrabile solo dagli archivisti. 
  Eppure, fra le migliaia di carte raccolte in fascicoli, ordinate secondo criteri logici e conservate presso gli Archivi di Stato è possibile rintracciare una mole sconfinata di quelle che si suole definire “storie di vita vissuta”. Certo, per trovarle bisogna sapersi muovere con disinvoltura fra atti notarili, disposizioni di antiche autorità cittadine, verbali di questure, registri di tribunali e di istituti soppressi, referti medici… e ciò, senza alcun dubbio, rimane prerogativa di una ristretta cerchia di studiosi e professionisti. Di questo problema è ben consapevole l’équipe di archivisti lombardi che ha ideato I documenti raccontano, un interessante iniziativa sostenuta da alcune istituzioni regionali[1] che tenta di ridurre la distanza fra gli archivi e la società civile.  Unendo il rigore della ricerca storica basata sul vaglio critico delle fonti alle tecniche affabulatorie della narrazione, i promotori (e chiunque sia intenzionato a contribuire) vanno alla ricerca di episodi di vita del passato, con una predilezione per le vicende legate alla devianza e all’emarginazione, allestiscono accurati dossier con la documentazione reperita nei vari fondi archivistici e ne traggono racconti di piacevole lettura, al fine di trovare diffusione presso il più vasto numero di lettori possibile. Infatti, i racconti più significativi trovano uno sbocco editoriale essendo pubblicati dall’editore Franco Angeli in una collana realizzata ad hoc. Per ottenere un coinvolgimento maggiore dei non addetti ai lavori, inoltre, sono periodicamente organizzati, presso scuole e biblioteche, laboratori didattici in cui, sotto la guida di archivisti esperti, vengono insegnati i rudimenti della ricerca e del racconto a sfondo storico e altre analoghe attività.  
   Il progetto, che è indubbiamente ambizioso e si propone di operare sia in ambito locale che regionale, trova nel web un valido vettore per diffondere le proprie molteplici attività anche se per il momento non si può dire che ne sfrutti appieno le potenzialità. È pur vero che nelle intenzioni dei coordinatori il sito è solo una delle modalità per partecipare al progetto, svolgendo una funzione di cassa di risonanza per altre attività. Tuttavia, poiché in questo blog ci occupiamo prevalentemente di come si possa fare divulgazione storica usufruendo dei nuovi media non possiamo esimerci dal muovere alcune critiche. Ad esempio, se nella sezione Storie dagli archivi è possibile scaricare le copie integrali dei documenti utilizzati per comporre i dossier (e questa risorsa è indubbiamente molto utile anche per ulteriori ricerche) nella sezione Racconti sono indicizzati appena quattro racconti di cui per altro, ad eccezione di un singolo caso, si può leggere solo un breve abstract. A destare le perplessità maggiori è però la sezione Regole e strumenti, dove vi è soltanto la presentazione dei vari contenuti che presumibilmente si dovrebbe poter scaricare ma non vi è alcun link che permetta di farlo.
  In ultima analisi, è difficile comprendere tale sottovalutazione dei vantaggi che il mezzo informatico potrebbe portare. Molto probabilmente gli ideatori si saranno posti il problema e avranno consapevolmente ritenuto opportuno, per il momento, privilegiare modalità di comunicazione più tradizionali. Scelta lecita anche se non totalmente condivisibile, rimane però il fatto che l’incuria di alcune sezioni rischia di gettare una luce negativa sull’intero progetto che costituisce invece un ottimo esempio di come fare divulgazione storica valorizzando la conoscenza e la critica delle fonti. E, soprattutto, come è scritto ironicamente nel Decalogo dell’archivista narratore: “Dimostra, contro l’opinione corrente, che anche gli archivisti hanno un’anima”.


[1] Il progetto è stato realizzato grazie al sostegno degli Archivi Storici Lodi e Mantova, della Biblioteca Giuliani di Monza, dell’Archivio Storico dell’ASP Martinitt Stelline e Pio Albergo Trivulzio di Milano, della Direzione  Generale “Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia, della Fondazione Alberto e Arnoldo Mondadori e della Fondazione CARIPLO che ha contribuito al finanziamento.

sabato 10 novembre 2012

La trattativa Stato-Mafia: un mosaico vergognoso finalmente ricomposto online


Dal mese di agosto di quest'anno è online il portale Statomafia.it, realizzato da due giovani studentesse, Federica Fabbretti e Martina Di Gianfelice, appartenenti al Movimento delle Agende Rosse di Salvatore Borsellino. Lo scopo del portale è quello di «raccogliere documenti, testimonianze, atti relativi alla trattativa», al fine di ricomporre «le tessere del mosaico della stagione più vergognosa della Storia del nostro Paese». 
Il punto sulla trattativa, con le notizie aggiornate, accessibile dall'home page del sito
Il sito si presenta con un'interfaccia molto pulita e schematica, da cui il visitatore può iniziare un percorso nella storia della trattativa seguendo alcune direttrici principali, evidenziate dai menu in alto: “processi”, “indagati” e “storia della trattativa”. La prima sezione, quella denominata appunto “processi”, è suddivisa in tre sottosezioni, che il visitatore può raggiungere cliccando sul menu a scomparsa che appare passando il puntatore del mouse sul nome della sezione stessa, oppure selezionando una delle fotografie che si alternano scorrendo la sezione. La prima sottosezione è dedicata al processo Dell'Utri, senatore Pdl condannato nel 2004 a nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, pena ridotta poi a sette anni in appello, mentre l'imputato è stato assolto per i fatti successivi al 1992. A marzo 2012 la Cassazione ha annullato la sentenza d'appello, rinviando a una ulteriore trattazione. La seconda è dedicata al processo Mori-Obinu, il generale e il colonnello dei Carabinieri accusati di favoreggiamento a Cosa nostra, nell'ambito della mancata cattura del boss Bernando Provenzano nel 1995. L'ultima sottosezione tratta invece del processo sulla Trattativa, per cui a luglio 2012 la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di dodici imputati, tra mafiosi, politici ed esponenti delle Forze dell'ordine. 
La sezione “indagati”: è visibile la sottosezione su Bernando Provenzano
La sezione “indagati” permette al visitatore una panoramica essenziale nella biografia personale e giudiziaria dei protagonisti delle indagini sulla trattativa, da Massimo Ciancimino a Totò Riina, passando per Nicola Mancino. Aprendo ogni scheda, a fianco di essa, sulla destra, è possibile accedere alla rassegna stampa e agli articoli correlati all'argomento.
La terza sezione, “storia della trattativa”, è un archivio molto puntuale in cui le due giovani studentesse hanno ricostruito, a volte giorno per giorno, tutte le fasi della trattativa Stato-Mafia: vengono ripercorsi i vari incontri e contatti tra gli uomini dello Stato e quelli di Cosa nostra, si analizza la stesura del famoso “papello” e ci si sofferma su pagine buie, come la strage di via D'Amelio in cui morì il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. 
Una drammatica fotografia, scattata subito dopo l'esplosione dell'autobomba in via D'Amelio
I visitatori possono seguire il sito attraverso i principali social network: sia in alto a destra, sia di lato a ogni scheda visitata, è possibile accedere alle rispettive pagine su Twitter, Facebook, Google+, aggiungere un bookmark a OKNOtizie (social network di notizie del portale Virgilio) e seguire tramite RSS gli aggiornamenti del sito. Inoltre, si può stampare la pagina selezionata o iscriversi alla newsletter del sito.
Sicuramente la documentazione fotografica del sito meriterebbe di essere arricchita e approfondita, anche con l'aggiunta di filmati tratti magari da telegiornali, inchieste televisive e altro materiale audiovisivo che potrebbe fornire un utile supporto alla sezione della rassegna stampa. Andrebbe anche sistematizzata una sezione sui libri consigliati. Il progetto è comunque avviato solo da pochi mesi, sono inoltre convinta che nelle intenzioni delle autrici vi sia stata la convinzione di portare avanti un progetto online qualificato, dai rimandi immediati e che permetta di farsi un quadro completo della trattativa Stato-Mafia, anche a scapito di una grafica più accattivante ma forse meno informativa.

giovedì 8 novembre 2012

Il Museo Archoelogico Virtuale (MAV) di Ercolano

Quanti di noi non vorrebbero provare a viaggiare nel tempo per riscoprire città, usi e costumi di antiche civiltà? Grazie alle nuove tecnologie applicate alle esposizioni museali oggi è possibile realizzare in parte questo sogno. Ne da prova, ad esempio, il Museo Archeologico Virtuale di Ercolano (MAV). Inaugurato nel 2008, il MAV si trova a poca distanza dai famosi scavi della cittadina romana di Ercolano, distrutta nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio. Una nuova concezione di esposizione in cui i protagonisti non sono i reperti archeologici ma il contesto virtuale in cui viene trasportato il visitatore appena varcata la soglia del museo. Questa esperienza emozionante è stata resa possibile grazie al progetto di Gaetano Capasso e della Capware, società di produzione di realtà virtuali. Oltre 70 le installazioni multimediali gestite da un software in grado di riconoscere il visitatore al suo ingresso, se adulto o bambino, italiano o straniero, grazie ad un badge. Lungo il percorso tattile e visivo, computer, scanner, ologrammi e schermi tridimensionali si uniformano perfettamente al contesto ambientale. Viene restituita la vita e lo splendore alle principali aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Baia, Stabia e Capri.

Appena arrivati si è accolti dalle voci e dai volti degli antichi ercolanesi che raccontano la loro storia ai visitatori disposti sotto campane acustiche.
Il teatro di Ercolano è ancora oggi sotto terra, ma attraverso gli schermi è possibile trovarsi in uno dei cunicoli borbonici che portarono alla scoperta della struttura e capire così le antiche tecniche di scavo.
Sono stati posti degli orci com’erano proprio usati nel teatro per permettere una migliore acustica durante gli spettacoli, e oggi quegli orci propongono versi di Plauto a chiunque si avvicini a essi.
 
Proseguendo nel percorso, con le proprie mani è possibile “muovere” l’acqua contenuta in una vasca oppure “ricostruire” un mosaico. Da una parete “infranta”, un fascio di luce mostra parte di una villa patrizia mentre, in contemporanea, un masso cade nell’acqua antistante lanciando spruzzi virtuali che giungono reali al visitatore. Usciti dai cunicoli, un sottilissimo muro d’acqua nebulizzata, raffigurante una nube piroclastica, ci immette in un mondo fantastico: stupendi panorami, aree urbane vive, scene agresti, interni delle case.
Cuore del Mav è il Cave (la “caverna”): un’enorme stanza di luce che ci porta nell’antica area napoletana prima dell’eruzione del 79 d.C. sulle cui pareti si proiettano giardini, cortili delle case di Pompei, Stabia ed Ercolano.
Nel percorso attraverso una strada “affollata” da donne al mercato, venditori e comuni cittadini, il visitatore viene a trovarsi tra figure che appaiono e scompaiono alle pareti, come se fossero davvero delle persone impegnate nei loro affari quotidiani.
E’ la Soundgallery uno dei tanti sistemi interattivi ideato da Capware unicamente per il MAV. Il sistema anche qui, riconosce il visitatore e in base alla sua identità, ai tempi di sosta, produce suoni spazializzati che comunicano congiure, parole, sensazioni. Quando il visitatore si ferma, viene “intercettato” grazie a un sistema acustico in cui – a differenza di un altoparlante comune da cui il suono si espande nell’ambiente circostante, il segnale si forma in un punto dello spazio lontano dalla sua origine. Così è possibile indirizzare un suono in qualsiasi direzione, senza che si percepisca la sua origine, ingannando l’ascoltatore.
Ci appare nell’area delle Terme, la “stanza dei profumi”, dove un sofisticato macchinario riprodurrà, odori di spezie, di unguenti e balsami usati in quel periodo. Giungiamo infine al “Lupanare”, stanza deputata al piacere, con le immancabili pitture erotiche. Il sistema di riconoscimento, se avverte la presenza dei bambini, come d’incanto sostituirà le immagini.

Così termina il viaggio nel “virtuale”, un lampo di luce indica che il percorso è giunto al termine e mostra la strada per il ritorno alla realtà.
Alla fine del percorso museale è stata creata una sala di proiezione per la visione della ricostruzione virtuale dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. con la consulenza di archeologi e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), il MAV ha prodotto un film in 3D/multiD di 15 minuti che riproduce l’evento che ha cancellato la storia  e il volto di Ercolano e Pompei. La ricostruzione si basa sul racconto di Plinio il Giovane nelle lettere di Tacito e il filmato, proiettato su uno schermo di 26 metri di lunghezza, è visibile indossando occhiali 3D. L’installazione è dotata di una piattaforma vibrante che simula i terremoti che vi furono contemporaneamente all’eruzione.
In conclusione il museo offre ai visitatori un’esperienza davvero unica, un meraviglioso tuffo nel passato in cui non si utilizza solo la fantasia, ma viene resa quasi reale grazie alla moderne tecnologie.


Ricordare e raccontare la città: percorsi emotivi a Bologna

Inutilmente, magnanimo Kublai, tenterò di descriverti la città di Zaira dagli antichi bastioni. [...] Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato [...] Una descrizione di Zaira quale oggi è dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento a sua volta rigato di graffi, seghettature, intagli, svirgole.

                                                                                                                                                   Italo Calvino, Le città invisibili

 

lunedì 5 novembre 2012

Il digitale al servizio della ricerca storica: l'Institute of Historical Research di Londra


Nell'universo della digital history – ancora relativamente giovane e in costante espansione – uno dei punti di riferimento europei più interessanti è certamente l'Institute of Historical Research di Londra. Accanto alla propria attività accademica tradizionale, infatti, l'IHR ha avviato diversi progetti di natura digitale sulla storia britannica e irlandese che da qualche anno sono raccolti sotto il coordinamento di IHR Digital. Si tratta di una sezione specifica dell'istituto che unisce le competenze di storici e sviluppatori informatici per svolgere attività di ricerca, ma anche – ed è questo uno degli aspetti più innovativi – di servizio e formazione (a pagamento) per il resto dell'accademia. IHR Digital offre, tra le altre cose, consulenza agli storici sui processi di digitalizzazione, un servizio di webhosting, podcasting per seminari e lezioni e aiuto sul design di siti web di istituzioni o progetti di argomento storico. 
È dunque una realtà ibrida, collocata a cavallo tra l'accademia e il mondo della comunicazione, che trova pochi simili in ambito storiografico, soprattutto se guardiamo al panorama italiano. Basta scorrere alcuni dei progetti digitali a cui l'IHR ha partecipato o che ha coordinato per rendersi conto delle potenzialità di questo tipo di contaminazione. Tra quelli più recenti, ad esempio, troviamo Connected Histories, inaugurato nel 2011: frutto di una partnership tra diverse università inglesi, è uno strumento online che integra l'accesso a diversi database e risorse elettroniche sulla storia inglese dal 1500 al 1900 attraverso un unico motore di ricerca. British History Online, invece, è una biblioteca digitale che copre il medioevo e la prima età moderna, è parzialmente accessibile attraverso la registrazione gratuita e conta già cinque anni di vita. Inoltre, di grande utilità è History Online, che raccoglie informazioni aggiornate sulle novità del mondo universitario britannico – eventi, borse di studio, riviste e progetti in corso – consultabili attraverso un menu tematico e un motore di ricerca interno.
Il modo più semplice per consultare i progetti legati ad IHR Digital è partire dalla sezione del sito dell'Institute of Historical Research ad esso dedicata. Qui si possono trovare alcuni bottoni per l'accesso diretto alle risorse digitali online, un aggiornamento sull'avanzamento dei progetti di cui IHR è partner e un elenco dei servizi offerti. Tuttavia, questo non è l'unico canale attraverso cui è possibile rimanere aggiornati sulle attività digitali dell'istituto. IHR Digital cura infatti anche un proprio blog e il profilo Twitter @IHRDigHist, tramite cui, tra le altre cose, vengono twittati in diretta i seminari del ciclo Digital History, commentabili con l'hashtag #dhist
Tutti questi elementi, dalla semplice presenza sui social network ai progetti online più complessi, concorrono al medesimo obiettivo di innovazione degli strumenti propri della ricerca storica, ma anche di condivisione dei saperi e di apertura dell'accademia verso l'esterno – sia esso rappresentato da altre istituzioni o da singoli individui e studenti che coltivano un interesse verso la disciplina. Le tecnologie digitali costituiscono oggi una realtà imprescindibile per chiunque lavori nel mondo della conoscenza, e l'Institute of Historical Research offre un ottimo esempio di come sfruttare le loro potenzialità per la storiografia.