lunedì 16 giugno 2014

Uno sguardo sul mondo. Il Fotogiornalismo e la Storia

"Dobbiamo riconoscere l'esistenza di un divario tra i bisogni economici della società dei consumi e le esigenze dei fotogiornalisti che portano testimonianza della loro epoca. Dobbiamo prestare molta attenzione per scongiurare il rischio di essere separati dal mondo reale e dal resto dell'umanità". 
Henry Cartier-Bresson

Nel 1955 ad Amsterdam un'associazione di fotografi istituì un premio di fotografia, internazionale tanto nella composizione della giuria che nella scelta dei vincitori. Nel corso degli anni la World Press Photo, fondazione indipendente e no-profit, si è affermata come motore del più prestigioso concorso di "giornalismo visuale" al mondo. Concentrandosi non solo su "semplici" fotografie, ma anche su prodotti audiovisivi e addirittura multimediali. Ebbene sì. Ci arriveremo. Un po' di pazienza. Cominciamo a raggiungere il sito web della fondazione : http://www.worldpressphoto.org/ 

Intanto ecco come la Fondazione descrive la sua ambiziosa mission : "We exist to inspire Understanding of the World through quality Photojournalism". La fotografia è qui concepita come linguaggio documentario. Sulla scorta di quanto sosteneva uno dei suoi "padri nobili", Henry Cartier-Bresson: "Come fotogiornalisti forniamo informazioni ad un mondo che è sommerso da affanni e pieno di gente bisognosa della compagnia delle immagini. Offriamo un giudizio su ciò che vediamo e ciò implica una grande responsabilità". Riflessione validissima per le nostre società globalizzate e fondate su sistemi di immagini. Potremmo allora dire che la Fondazione, anche attraverso le attività informative e le mostre itineranti, coinvolge il grande pubblico con due generi di proposte. Provare ad osservare il mondo attraverso le prospettive inedite offerte dal giornalismo visuale. Ma anche a riflettere e a conoscere meglio quelle stesse tecnologie che le rendono possibili. Encomiabile sforzo, non c'è che dire. In fondo, aveva ragione il pittore e fotografo ungherese Laszlo Moholy-Nagy quando scrisse attorno al 1930 che "non colui che ignora l'alfabeto, bensì colui che ignora la fotografia sarà l'analfabeta del futuro".

E ora cominciamo a navigare. La schermata iniziale si apre su una delle fotografie premiate nell'ambito del World Presso Photo Contest 2014. Nonostante tutte le immagini ritenute significative dalla giuria vengano collocate a rotazione in questa sorta di "vetrina", la struttura compositiva di tale scorcio di pagina permane. Sia le informazioni-chiave inerenti la fotografia sullo sfondo che l'icona "menu" occupano la parte bassa dello schermo. Le possibilità a questo punto sono due. Se si intende proseguire sulla rotta della home page basta utilizzare la barra di scorrimento verticale oppure, se si è rimasti particolarmente colpiti dall'immagine a schermo intero, cliccare l'icona ad essa sovrimpressa.



Cliccando invece sul titolo della fotografia l'utente è indirizzato alla pagina espressamente dedicata ad essa. Qui però non troveremo solo dettagli tecnici riguardanti lo scatto, la didascalia integrale, i link correlati o la video-intervista al fotografo. Infatti, nel lato superiore della pagina le icone centrali permettono sempre all'utente di "deragliare" rispetto alla schermata prescelta. Questa barra iconica, presente in ogni schermata, consente di approcciare i contenuti di tale sito attraverso differenti "chiavi di lettura": Galleries, Contest, Academy, Foundation. Mentre queste categorie si aprono su ulteriori menu a tendina, le restanti reindirizzano il navigante direttamente ad altre schermate (Home page, Events, Store).


La presenza di medesimi contenuti in diverse macro-categorie e la coesistenza nella stessa pagina di un argomento dominante affiancato a "lanci" su altri temi ci fanno capire meglio il concept del sito. L'efficace organizzazione formale delle informazioni, sia per quanto riguarda le loro interrelazioni che la loro comunicazione, trova un duplice "principio strutturante". Da un lato l'utente è spronato ad elaborare una propria "mappa di esplorazione" dei contenuti: campo libero dunque alla personalizzazione dei percorsi. Dall'altro non viene mai meno il richiamo, più o meno sotteso, alla conoscenza complessiva di cui si fa promotrice la World Press Photo ed alla sua "filosofia di fondo".



Lasciatevi guidare dalla vostra curiosità !

Ultima considerazione. Osservate queste fotografie che troverete nella sezione dell'Archivio (ne parlerò diffusamente a breve). La prima è stata scattata nel 1994, in Rwanda, da James Nachtway appartenente alla gloriosa agenzia Magnum. La seconda è la vincitrice del World Press Photo Contest 2014, commissionata dal National Geographic al fotografo John Stanmeyer. Le didascalie esplicative delle due immagini le lascio leggere a voi. Prodotti testuali molto istruttivi. Specie per un comunicatore storico. O aspirante tale. Per ciò che dicono. Per il modo in cui lo fanno. E per le dirompenti dinamiche che riescono ad innescare quando vengono affiancate alle rispettive fotografie di riferimento. Chapeau.

Dopo ripetuti vagabondaggi nei territori virtuali del World Press Photo, mi sono fermata a riflettere su quali sezioni mi avessero colpito maggiormente per la ricchezza di spunti o per la qualità delle risorse documentarie. Se entrate nelle Galleries (categoria che è parte della barra iconica superiore di ogni schermata), ve le troverete ordinatamente davanti, le mie (si fa per dire) "miniere": il 2014 World Press Photo Multimedia Contest e il World Press Photo Archive.
Il World Press Photo Multimedia Contest nasce nel 2011 e testimonia l'attenzione che la Fondazione riserva tanto alle nuove tecnologie della comunicazione quanto ai linguaggi ad essi correlati. Cortometraggi, lungometraggi e documentari interattivi: queste le tre sezioni del concorso internazionale. Per vedere i filmati è sufficiente cliccare sul fotogramma "di copertina": in tal modo si accederà direttamente al video oppure la visualizzazione si compirà in altri link, come Vimeo. Stesso procedimento per quanto riguarda le proposte multimediali. Vi consiglio di darvi il tempo per approfondire questo settore di sito. Infatti reputo i prodotti premiati dei rispettabilissimi esempi delle nuove possibilità offerte dalla combinazione/contaminazione di strumenti mediatici differenti. Sperimentate il documentario interattivo "The Short History of Highrise" di Katherina Cizek: potrete condividere o meno l'idea di storia che ne emerge, ma a mio avviso è difficile negare l'ingegnosità del progetto...




L'Archivio del World Press Photo Contest è stato digitalizzato nel 2009 e conserva più di 10 mila fotografie, ovvero tutte quelle che hanno partecipato al concorso dal 1955 in poi. Perché consultarlo? Chiediamolo direttamente ai curatori dell'archivio. "Per oltre cinquant'anni il World Press Photo Contest ha catturato immagini dei nostri tempi. Il nostro archivio delle fotografie vincitrici non è solo una raccolta di più di mezzo secolo di storia umana, ma una esposizione degli stili che si sono avvicendati in fotografia e nel reportage. Esso include immagini divenute icone. La fondazione ha deciso di metterle on line con lo scopo di condividere la nostra conoscenza, le nostre risorse ed esperienze con una rete più ampia possibile". Limpida dichiarazione di intenti, che pone in connessione diretta fotografia e storia. E proprio su tale relazione ho qualcosa da aggiungere. La fotografia, antesignana di altre tecnologie dell'immagine, secondo Sontag "ha reso il mondo una sorta di museo senza pareti e la storia una collezione di faits divers". D'altronde, la fotografia è un "medium invisibile" poiché, come ci insegna Barthes, essa scompare nel momento in cui mostra l'oggetto che raffigura. Misteriosa disciplina. Eppure. Per quanto la fotografia sia "pura apparenza di saggezza e perenne sentimentalismo", essa ha sempre come referente il mondo ed è dotata di una storicità propria. Ecco perché, come ci insegna Sorlin, possiamo usarla come strumento di lettura della società e della sua evoluzione. A patto di riconoscere i suoi plurimi statuti di fonte. In primis, una fotografia è testimonianza diretta del periodo di produzione, dal punto di vista tecnico ma anche da quello degli "scenari storici concreti". Inoltre, essa è riflesso indiretto della mentalità collettiva e degli immaginari socialmente condivisi. Infine, il livello di consapevolezza del fotografo e del suo ruolo. Se terremo conto di questi suoi caratteri, allora, riusciremo a riconoscere in una fotografia una peculiare fonte storica. E a sfruttare appieno anche le possibilità offerte da questo archivio.








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