domenica 24 giugno 2018

Ortega y Gasset e la crisi spagnola


Il 2017 è stato un anno di grande tensione per la Spagna. Il referendum per l'indipendenza della Catalogna promosso dalla Generalitat ha tenuto l'Europa con il fiato sospeso, e per alcune settimane il paese è sembrato sull'orlo di una frattura insanabile. Nel 2018 il braccio di ferro tra Barcellona e Madrid continua: il 10 maggio la Corte Costituzionale spagnola ha bloccato la cosiddetta legge Puigdemont, che era stata approvata dal Parlamento catalano e che avrebbe permesso alla maggioranza indipendentista di candidare ed eleggere Carles Puigdemont al ruolo di Presidente della Catalogna.
L'emergere di istanze regionaliste e nazionaliste è stata da sempre una costante della vita pubblica spagnola. Cento anni fa un intellettuale madrileno, Ortega Y Gasset, si interrogò su quali fossero le cause di quella che sembrava per la Spagna una “malattia cronica”, e arrivò a conclusioni che possono ispirare riflessioni costruttive anche sulla contemporaneità. La “diagnosi eziologica” di Ortega prese la forma di un saggio, dal titolo eloquente di Spagna invertebrata, pubblicato nel 1922, le cui conclusioni non davano adito a dubbi: le cause della malattia spagnola erano da rintracciare nella storia.
Alla fine dell’Ottocento erano emersi nella vita politica spagnola movimenti nazionalisti. In particolare il movimento nazionalista basco e quello catalano avevano attirato l’attenzione dell’opinione pubblica, anche grazie a una notevole crescita elettorale. I movimenti nazionalisti infatti avevano incanalato il proprio consenso in partiti di massa. Per Ortega y Gasset però il secessionismo basco, catalano e biscagliano non erano che le ultime fasi di un processo di disgregazione iniziato nel 1580.
La Spagna per lo studioso iberico non è una realtà trascendente, ma il frutto di una volontà politica; è nata infatti da un progetto di largo respiro portato avanti dalle uniche realtà politiche della penisola iberica che nel XV secolo erano dotate di sensibilità internazionale: la Castiglia e l’Aragona. La Castiglia soprattutto si era dimostrata capace di “comandare se stessa”. Era stata la regione di più grande prestigio, la più energica, la più forte. Priva della “feroce rustica diffidenza” tipica dell’Aragona, aveva dimostrato di possedere la lungimiranza necessaria per divenire il cuore pulsante di un impero le cui propaggini erano destinate a estendersi fuori dall’Europa
Le imprese vennero compiute: in un secolo la Spagna non solo era diventata la Monarquía universal, el imperio en el que nunca se pone el sol, ma era riuscita attraverso un processo incorporativo non troppo dissimile da quello dell’impero romano, a far sì che realtà sociali eterogenee si integrassero, o addirittura si totalizzassero.
Il processo di incorporazione avrebbe raggiunto il proprio acme nel 1580, anno dell’annessione all’Impero del Portogallo. Da quel momento in poi la storia della Spagna sarebbe diventata la storia di una decadenza, la cui espressione più evidente era la disgregazione territoriale:«Prima si staccano i Paesi Bassi e il Milanese; poi, Napoli. Agli inizi del secolo XIX si separano le grandi province d’oltremare e verso la fine le colonie minori d’America e dell’estremo Oriente. Nel 1900 il corpo spagnolo è tornato alla sua originaria nudità peninsulare.»1.
Nemmeno nel momento in cui “il corpo spagnolo tornò alla nudità peninsulare” si arrestò la forza centrifuga della disgregazione. Nuovi sentimenti nazionali portarono a nuovi particolarismi; la mancanza di una visione politica di largo respiro unita alla capacità dei leader locali di creare dei simboli avevano portato i catalani e i baschi, ma anche i galiziani e gli andalusi, a maturare una nuova consapevolezza di loro stessi.
Da un certo punto di vista le criticità e le contraddizioni della Spagna odierna non sono dissimili da quelle del XVI secolo, ne' da quelle del XIX.
Per Ortega il consolidamento della Spagna p avvenire solo mettendo da parte le velleità dei particolaristi. L’unico modo per restituire l’entusiasmo politico agli spagnoli infatti è quello di metterli davanti alla prospettiva di una grande impresa: questo è uno dei principi basilari dietro il principio di nazionalità. Ma per fare ciò è necessario che le energie degli spagnoli non vengano disperse, e che anzi siano collegate da vincoli di collaborazione e solidarietà.
Nessun movimento inedito, nessuna nuova istanza dovrebbe essere esclusa o soppressa con la violenza. Le energie nuove per Ortega y Gasset non vanno combattute o dissipate, ma incanalate e trasformate in energie nazionalizzatrici. Le forze del cambiamento devono semplicemente trovare il loro posto nel mosaico spagnolo e contribuire a risollevare le sorti del paese.
Idee dalla difficile applicazione, ma di cui i leader politici spagnoli dovrebbero tenere conto.
1 J.Ortega Y Gasset, Spagna invertebrata


Fonti 

A.Dobson, An introduction to the politics and philosophy of Josè Ortega Y Gasset, Cambridge, Cambridge University Press, 1989,

W. Ghia, Ortega y Gasset: liberalismo, socialismo, politica estera, in M.Nacci(a cura di),Figure del liberalsocialismo,Firenze, C.E.T., 2010.

L.Infantino, Ortega Y Gasset. Una Introduzione, Roma,Armando, 1990.

  J.Ortega Y Gasset, Spagna Invertebrata, in Scritti politici di Josè Ortega Y Gasset, a cura di Luciano Pellicani e Antonio Cavicchia Scalamonti,Torino, UTET, 1979.
  L.Pellicani, Introduzione, in Scritti politici di Josè Ortega Y Gasset, a cura di Luciano Pellicani e Antonio Cavicchia Scalamonti,Torino, UTET, 1979.
E. Vigant,Il pensiero di Josè Ortega Y Gasset. La sua arte letteraria, la sua interpretazione della storia, la sua teoria storica, Padova, Cedam, 1968.


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