sabato 1 dicembre 2012

“… Partiti un giorno come soldati e non ancora tornati …”


Roberto Zamboni nel suo studio

Così cantava De Gregori nel suo Generale. Una frase che torna alla mente pensando allo scrupoloso lavoro di ricerca  portato avanti da un insospettabile artigiano veronese, Roberto Zamboni, un non addetto ai lavori che non può fregiarsi di nessun titolo accademico. Non uno storico patentato, dunque, ma un patito  della storia. La  cosa a cui tiene soprattutto è quella di mettere la parola fine al termine  di ogni personalissima vicenda umana che si cela dietro la parola disperso. Con tenacia e testardaggine è riuscito nel suo intento,  dare una risposta alle famiglie di quanti non avevano più visto ritornare a casa i propri figli, mariti, padri, allontanatisi come soldati durante l’ultima guerra mondiale e di cui non avevano più avuto notizia.
L’epilogo del secondo conflitto mondiale fu una delle pagine più amare per la storia del nostro paese. Già allo sbando per un conflitto bellico fallimentare e lacerante, l’Italia, all’annuncio dell’armistizio, si trovò completamente impreparata nell'affrontare le conseguenze. Nella stessa notte dell’8 settembre 1943, le forze tedesche emanarono direttive per effettuare  il disarmo dei nostri militari. Chi scelse di continuare a combattere al fianco dei tedeschi non veniva disarmato, in quanto considerato collaborazionista; chi non lo faceva, e furono circa in 800.000, finiva nei campi di internamento in Germania come prigioniero di guerra; ed infine chi si opponeva, aderendo magari alle forze partigiane, veniva fucilato, se si trattava di ufficiali, se si trattava di un civile si era “impiegati” nei campi di lavoro sparsi nell’Europa occupata. In tanti – truppe, singoli soldati e tanti civili – non chinando la testa, trovarono una morte efferata. L’opposizione al nazifascismo costò la deportazione a tanti civili e militari italiani che furono letteralmente sradicati dalle loro case, dalle loro famiglie. Molti di loro trovarono la morte, a seguito di malattie non curate o contratte in quei campi, chi per le sofferenze atroci, patite per il semplice  fatto di essere partigiani, ebrei o soldati che agognavano il sogno di un’Italia diversa, un’Italia libera.
Il lavoro di ricerca di Zamboni comincia nel 1995 quando, spinto dal desiderio di rintracciare la sepoltura di un suo zio, le cui spoglie andarono disperse dopo la guerra, comincia a raccogliere dati  e notizie su tanti altri italiani che dovettero subire la stessa sorte. Con lo scopo di condividere le informazioni in suo possesso, nel 2008 mette in rete il suo blog, dal titolo Dimenticati di Stato visionabile all’indirizzo www.robertozamboni.com dove comincia a stilare gli elenchi dei caduti dispersi regione per regione, provincia per provincia, comune per comune per agevolare l’opera di individuazione del congiunto e per stimolare i vari ricercatori locali che volessero ampliare o correggere  le notizie fin lì raccolte. Sono circa diecimila le persone alle quali si è riusciti a risalire al luogo di sepoltura. Questo lavoro di ricerca nei cimiteri stranieri fu avviato in verità, a partire dal 1957, dal nostro Onorcaduti (Commissariato Generale Caduti in Guerra) che ne riesumò i resti per trasferirli nei cimiteri militari sorti ad Amburgo, Berlino, Francoforte sul Meno, Monaco di Baviera (Germania), Mauthausen (Austria) e Bielany-Varsavia (Polonia). In quei sacrari furono inumate le spoglie mortali di circa  16.000 connazionali ma la quasi totalità dei parenti di questi sventurati italiani non furono mai informati del lavoro svolto da Onorcaduti, restando in perenne attesa di chi non sarebbe mai più tornato a casa. Da catalogatore  consumato il nostro Zamboni appunta, raccoglie, riporta; si arriverà ad una serie  di elenchi ordinati e minuziosi  di tanti, tanti caduti italiani di cui abbiamo modo di conoscere il volto. 
Cimitero militare di Amburgo
Il sito non ha ambizioni avveniristiche né tantomeno estetiche, ma un fine di servizio; non troverete dunque animazioni, funzioni di geolocalizzazione, ricostruzioni in 3D, o leziosità grafiche, ma i dati dei dispersi, gli elenchi dei nostri connazionali inumati nei cimiteri di Polonia, Austria e Germania, le procedure da seguire per ottenere il rimpatrio delle spoglie del congiunto, legge per cui lo stesso Zamboni si è battuto personalmente. Il tutto esposto con encomiabile sensibilità; la scelta grafica  è essenziale, lungi dall’apparire lugubre o patetico il sito ha un aspetto quasi confortante, fondo bianco neutro su cui campeggia in testa la fotografia di un cimitero militare italiano, immagine che riassume in sé l’idea stessa del blog, infondere un senso di ordine, pace, serenità. 
L’unico appunto che gli si può rivolgere è, che mosso dall’intento di spiegare quante più cose possibile, Zamboni ha reso l’homepage un “ginepraio” sequenziale di informazioni; gli elenchi vanno un po’ a perdersi in questo mare magnum di notizie; la voce che permette di ricercare il singolo caduto avrebbe bisogno, probabilmente, di maggiore rilievo.
Combattere l’oblio è il minimo che si deve a questi nostri compatrioti che per sventura o per scelta non si arresero a quanto consideravano sbagliato. Per tanti, questo è rimasto un capitolo aperto per troppo tempo; a queste famiglie è stata data finalmente la possibilità di riconciliarsi con la storia.

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