mercoledì 18 gennaio 2012

New media e linguaggi della memoria: il Museo della Memoria Locale di Cerreto Guidi

Il 23 agosto 1944 la valle del Padule di Fucecchio, un'area parzialmente palustre ai confini tra le province di Firenze e Pistoia, fu teatro di uno dei più gravi crimini di guerra commessi durante l'occupazione nazista della Toscana: le truppe tedesche trucidarono 175 civili, rastrellati in modo indiscriminato tra i piccoli centri della zona. Con modalità simili a altri episodi analoghi, ad esempio quello più celebre e discusso di Sant'Anna di Stazzema, il ricordo di questa strage ha faticato, negli anni, a uscire dalla ristretta cerchia dei sopravvissuti e dei depositari della memoria locale. Solo dopo il 1994, l'anno dell'apertura del tristemente noto “armadio della vergogna”, anche questo evento traumatico è entrato in una nuova fase di riscoperta e riconoscimento, che ha poi condotto alla riapertura delle indagini e alla condanna all'ergastolo di tre ex-militari tedeschi il 24 maggio 2011.


La "postazione di orientamento" del museo e il bookshop
Da questo punto di vista, dunque, l'inaugurazione nello scorso dicembre del Museo della Memoria Locale (MuMeLoc) di Cerreto Guidi – uno dei comuni della zona – appare simbolicamente come la conclusione di un processo di riappropriazione della memoria dell'eccidio da parte della popolazione del Padule durato quindici anni. La strage si trova al centro dell'esposizione permanente, e intorno a questo spartiacque mnemonico e narrativo si sviluppa poi il racconto dell'identità e della storia del territorio, a partire dai primi insediamenti preistorici fino ad arrivare agli sviluppi più recenti delle attività in campo agricolo, che costituiscono la spina dorsale dell'economia locale.


Uno degli schermi tattili
Il MuMeloc è quindi un progetto interessante per quanto riguarda i contenuti, ma costituisce allo stesso tempo anche una novità sul piano dei linguaggi scelti per comunicarli. La storia del Padule di Fucecchio è infatti narrata quasi esclusivamente tramite materiale audiovisivo – tra cui numerose interviste agli abitanti della zona e ai testimoni dell'eccidio, oltre che brevi documentari sulle diverse epoche storiche – che i visitatori possono consultare autonomamente attraverso una serie di schermi tattili posizionati lungo il percorso espositivo. Questa scelta, come ci ha spiegato l'ideatore del progetto e curatore del museo Marco Folin, ha a che fare con la natura stessa del patrimonio custodito nel museo: le nuove tecnologie, con la loro versatilità e la possibilità di aggiornamenti rapidi e frequenti, forniscono un supporto ideale alla memoria collettiva, un oggetto immateriale, vivo e in costante evoluzione. Il MuMeLoc, secondo il professor Folin, è un luogo che «vorrebbe espandere il concetto di “museo” tradizionale in un'idea più ricca e malleabile», così come testimonia anche il suo sito web – per il momento ancora in costruzione – che in futuro sarà completo di un'archivio online con materiali consultabili e in parte scaricabili.


La sala dedicata all'eccidio, con il documentario in proiezione
Facendosi testimone della memoria di una comunità rurale e dell'evento traumatico che l'ha segnata più a fondo, il museo di Cerreto Guidi rimane certamente molto legato alla realtà locale a cui appartiene, ma rappresenta un esempio virtuoso e innovativo di gestione del patrimonio mnemonico e culturale che si spera possa presto essere seguito anche da istituzioni museali con maggiore visibilità a livello nazionale.

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