Chi voglia raggiungere per via aerea Tokyo, la capitale
della terza economia mondiale, con ogni probabilità si troverà ad atterrare
nell’aeroporto di Narita, il più
grande del paese ed uno dei più trafficati del pianeta. Locato a più di 60
chilometri dalla megalopoli nipponica Narita apparirà all’anonimo viaggiatore
come una vera e propria cattedrale nel deserto, un enorme blocco di cemento svettante
in mezzo ai rigogliosi campi della prefettura di Chiba. Espressione ideale di
ciò che l’antropologo francese Marc Augé definisce “nonluogo”, Narita appare assumere senso esclusivamente in quanto
passaggio obbligato per raggiungere la distante capitale. Decine di milioni di
persone ogni anno attraversano i suoi gate
totalmente ignari della storia di quei luoghi a tutta prima così anonimi,
identici a migliaia d’altri. Eppure la storia di quell’aeroporto e delle terre
che lo circondano sono tutt’altro che comuni, anzi si potrebbe quasi dire
rappresentino un unicum nella storia giapponese recente, una vicenda
eccezionale e che pur, forse non casualmente, così pochi conoscono. Di questa vera
e propria epopea furono protagonisti lo Stato
giapponese ed un’eterogena quanto agguerrita lega di contadini e militanti
dell’estrema sinistra giapponese, due entità dal peso specifico
imparagonabile e che pur si videro contrapposte per più di un lustro in
un’estenuante battaglia. Motivo del contendere fu proprio il nuovo aeroporto, o
meglio, i terreni scelti per la sua edificazione. Tutto ebbe inizio nel 1965
quando un’apposita commissione ministeriale selezionò l’area a nordest dei
villaggi Sanrizuka e Shibayama quale sede ideale per il
nuovo hub della capitale. Alla base
della scelta la convinzione che sarebbe stato facile ottenere i vasti terreni
necessari alla costruzione di quello che nei piani doveva essere un monumento
al boom economico che proprio in
quegli anni stava toccando il paese. E così forse sarebbe stato se il governo del
tempo non avesse sottovalutato l’orgoglio dei più umili tra i suoi cittadini,
quei contadini che ritenne superfluo informare del progetto in corso. Passò un
anno, il progetto venne annunciato a mezzo stampa ed è proprio tramite giornali
e tv che gli ignari agricoltori scoprirono il futuro che si era pensato per
loro. Si riteneva infatti, nelle stanze del ministero dei trasporti, sarebbe
bastato offrirgli un compenso, che insomma non occorresse darsi troppo
pensiero. Ma i contadini, oltraggiati da tanta noncuranza, decisero di opporsi
a quella decisione prima appellandosi alle autorità locali e poi, vistisi
inascoltati, decidendo di presidiare i terreni così da impedirne l’esproprio. In
loro sostegno giunsero dalla città un gran numero di formazioni di estrema
sinistra, tra questi in particolare i militanti del gruppo extraparlamentare Chūkaku-ha (altrimenti nota come “Lega
Comunista Rivoluzionaria, Comitato Nazionale”) e gli studenti dello Zengakuren (contrazione di “Federazione
dell'Autogoverno Studentesco del Giappone”), entrambi d’ispirazione comunista,
coi quali gli agricoltori formarono l’Hantai
Dōmei o “Lega di Sanrizuka e Shibayama Contro l’Aeroporto”. A muoverli,
oltre l’ovvia solidarietà per la causa contadina, il desiderio di prevenire un
possibile uso futuro della struttura da parte delle forze armate americane, la
cui massiccia presenza sul suo giapponese questi gruppi combattevano ormai da più
di un decennio. Col sostegno dei più esperti attivisti i contadini dichiararono
una lotta senza quartiere al
progetto ormai in via d’attuazione. L’opposizione all’aeroporto divenne per
questa volenterosa compagine un affare a tempo pieno, condotto con una ferrea
determinazione di stampo quasi militare. Si eressero fortini, fossati e trincee vennero scavati, bloccate le
strade e addirittura costruita una torre d’osservazione (divenuta poi vero e
proprio simbolo di quella lotta): ogni misura fu presa al fine d’impedire l’inizio
dei lavori, previsti per il 10 Ottobre del 1967. Qual giorno giunsero dalla
città gli operai intenti a fare i primi controlli e con loro più di 2000 uomini
della Kidō-tai, la temibile unità
anti-sommossa della polizia giapponese.
Lo scontro fu talmente violento da cambiare per sempre il volto di una
protesta fino a quel momento relativamente pacifica. Tomura Issaku, commerciante cristiano della zona e leader dei
contadini, rimasto gravemente ferito negli scontri, individuò successivamente
nel dispiegamento di quelle unità la ragione del definitivo salto di qualità
che di lì a poco avrebbe preso la lotta dell’Hantai Dōmei. La guerra era ormai
definitivamente scoppiata, né le autorità né i contestatori avrebbero mai
retrocesso, si trattava dunque soltanto di vedere chi avrebbe resistito più a
lungo e a quale costo. Prendeva allora il via ciò che le cronache chiameranno
con lo scabro nome di Sanrizuka TōSō
(Lotta di Sanrizuka), un conflitto destinato a durare ancora per lunghi anni e
che da lì a poco comincerà a reclamare le proprie vittime. Anno 1971, partirono i primi espropri, il comando delle operazioni passò dal governatore del
Kantō (la regione di Tokyo) alla più risoluta direzione aeroportuale, la quale
chiese misure ancora più rigide contro i contestatori. Nel settembre di
quell’anno giunsero a sostegno di un nuovo turno di espropri l’impressionante
cifra di 5000 poliziotti anti-sommossa, tre dei quali perderanno la vita durante
la fase più cruenta degli scontri. Fu certo il momento più tragico di un
conflitto il cui destino era già da tempo irrimediabilmente segnato.
Kazuo Kitai, I bambini del corpo di resistenza, 1970
Gli anni
successivi vedranno un progressivo militarizzarsi dell’area, ormai realmente
divenuta una specie di zona di realtà parallela rispetto al resto del paese, un
perpetuo campo di battaglia oggetto da parte dei contestatori di sempre nuovi e
rocamboleschi tentativi di sabotaggio. Nonostante il dispiegamento di forze di
polizia ormai avesse raggiungo quasi le diecimila unità, gli oppositori
riuscirono comunque a danneggiare le strutture e disturbare i lavori tanto da
far slittare l’inaugurazione della
struttura alle soglie del nuovo decennio. Non bastarono neanche delle leggi
speciali create ad hoc al fine di rendere ancora più dure le punizioni e più
semplici gli espropri per scoraggiare quanti ancora resistevano tra i contadini
e gli studenti. Dopo più di dieci anni dall’inizio dei lavori l’aeroporto verrà
inaugurato nel 1978, senza però che i lavori fossero stati completati. Del progetto iniziale infatti soltanto una
delle tre piste previste era stata effettivamente realizzata. La seconda verrà
poi costruita, dopo una nuova quanto effimera riapertura delle ostilità, nel
1980, la terza invece rimarrà sulla carta, forse proprio a causa dei costi che l’imprevista quanto strenua
opposizione dei contadini fece lievitare tanto da diventare anti economica. Ed
è certo questa l’unica, quanto parziale ed amara, vittoria di quegli uomini e donne che non vollero accettare di
vendere la propria dignità in nome di una ben parziale quanto cinica idea di
progresso. La memoria della loro
simbolica lotta rimane oggi custodita dai pochi ancora in vita e da piccoli
gruppi che ancora si ostinano a commemorare quella stagione di lotte. Ulteriori
tracce permangono nel quasi dimenticato lavoro di un grande documentarista, Ogawara Shinsuke, maestro del “cinema verità”
nipponico, che passò alcuni anni in compagnia dei contadini di Sanrizuka,
documentandone la lotta della quale condivideva motivi ed aspirazioni. Al di là di queste sparute testimonianze e dei
campi della prefettura di Chiba non sopravvisse il ricordo di quella stagione, non
declinabile com’era allo Zeitgeist di un paese al tempo così preso dalla marcia forzata del progresso da non poter concepire alcuna forma di dissenso.
Riferimenti bibliografici e videografici:
- - William Andews, Dissenting Japan: A
History of Japanese Radicalism and Counterculture, from 1945 to Fukushima,
Hurst & Co Ltd, 2016
- - Ogawara Shinsuke, Summer in Narita,
1968 https://www.youtube.com/watch?v=HvoUgAx4sLc
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