mercoledì 8 febbraio 2012

A Budapest il Terrore è… multimediale

A Budapest, in Andrássy út 60, nel palazzo in cui un tempo aveva sede il quartiere generale della Polizia Segreta prima nazista e poi comunista, è aperta dal febbraio 2002 la Terror Háza (Casa del Terrore). Questo museo interattivo è stato dedicato alla memoria dei crimini commessi in Ungheria dai due regimi e alle loro vittime. Il palazzo è stato interamente rinnovato, sia all’esterno che all’interno per opera dell’architetto Attila F. Kovács. Il restauro esterno è stato organizzato in modo che la costruzione si stagli in maniera netta rispetto alle altre presenti nella strada, mentre per gli interni si è pensato di acuire l’importanza dei documenti presenti sottolineandoli grazie alle musiche di sottofondo, composte da Ákos Kovács, che privilegiano gli strumenti a corda e che accompagnano il visitatore per tutta la durata del percorso.
Esterno della Casa del Terrore
La visita inizia dal piano terra dell’edificio, per poi proseguire al primo e al secondo piano, dove avvenivano gli interrogatori dei prigionieri politici, per scendere infine nei sotterranei, là dove si trovavano le celle e dove avvenivano le torture da parte della Államvédelmi Hatóság o ÁVH, la polizia segreta ungherese emanazione del KGB russo. La discesa nei sotterranei dell’edificio è particolarmente interessante da un punto di vista comunicativo: i visitatori entrano in un ascensore che si muove in modo impercettibile, le cui pareti trasparenti non mostrano altro se non una leggera penombra man mano che ci si avvicina al suolo. Per i minuti di permanenza nella cabina, si “costringe” il visitatore a guardare uno schermo piatto collocato su una parete dell’ascensore, e in cui viene proiettato un documentario che spiega come si svolgevano gli interrogatori e le torture.
Al suo ingresso in ogni sala del museo, il visitatore può prendere un foglio (in inglese o in ungherese) che spiega gli avvenimenti storici e politici allestiti in quello spazio. Ciò è utile in quanto non obbliga il visitatore a leggere sul posto una notevole quantità di informazioni che dimenticherebbe non appena passato alla sala successiva, invece consente di leggere sul momento ciò che interessa alla contestualizzazione immediata, e magari approfondire in seguito con calma il resto. Sugli schermi presenti nelle diverse sale, sono gli stessi testimoni del periodo a prendere la parola, attraverso interviste proiettate che si alternano a filmati documentari: è possibile farsi un’idea di questi materiali visitando la sezione “cinema” del sito ufficiale del museo. In alcune sale si possono inoltre ascoltare diversi documenti audio, sia in originale ungherese che in traduzione inglese, semplicemente sollevando il ricevitore di uno dei telefoni dell’epoca e appoggiandolo all’orecchio.
Documenti multimediali coesistono con reperti dell’epoca, in un’esposizione essenziale ma incisiva: abiti, oggetti, un carro armato, un’automobile, materiale cartaceo, fotografie. A questo proposito, è interessante notare la scelta di dedicare l’ultima sala del museo ai victimizers. Le loro fotografie e i loro nomi testimoniano la vergogna di coloro che hanno contribuito attivamente, di persona o con il loro silenzio, alla tortura fisica e psicologica delle vittime.


 


Una delle sale del museo: a sinistra sono
collocati alcuni telefoni provvisti di registrazioni,
a destra si alternano uniformi naziste
e comuniste sormontate da filmati su schermi

Sala “Justice”: nell’ex archivio del palazzo, un
filmato mostra cos’erano i tribunali popolari e
come amministravano la giustizia

Nessun commento:

Posta un commento