Il
2017 è stato un anno di grande tensione per la Spagna. Il referendum
per l'indipendenza della Catalogna promosso dalla Generalitat ha
tenuto l'Europa con il fiato sospeso, e
per alcune settimane il paese è sembrato sull'orlo di una frattura
insanabile. Nel 2018 il braccio di ferro tra Barcellona e Madrid
continua: il 10 maggio la Corte Costituzionale spagnola ha bloccato
la cosiddetta legge Puigdemont, che era stata approvata dal
Parlamento catalano e che avrebbe permesso alla
maggioranza indipendentista di candidare ed eleggere Carles
Puigdemont al ruolo di Presidente della Catalogna.
L'emergere
di istanze
regionaliste
e nazionaliste
è
stata da sempre una costante
della vita pubblica spagnola. Cento
anni fa un intellettuale madrileno, Ortega Y Gasset, si interrogò su
quali fossero le cause di quella che sembrava per la Spagna una
“malattia cronica”, e arrivò a conclusioni che possono ispirare
riflessioni costruttive anche sulla contemporaneità. La “diagnosi
eziologica” di
Ortega
prese la forma di un saggio, dal titolo eloquente di Spagna
invertebrata, pubblicato nel 1922,
le cui conclusioni non davano adito a dubbi: le cause della malattia
spagnola erano da rintracciare nella storia.
Alla
fine dell’Ottocento erano emersi nella vita politica spagnola movimenti nazionalisti. In particolare il movimento
nazionalista basco e quello catalano avevano attirato l’attenzione dell’opinione pubblica, anche grazie a una notevole
crescita elettorale. I movimenti nazionalisti infatti avevano
incanalato il proprio consenso in partiti di massa. Per Ortega y
Gasset però il secessionismo basco, catalano e biscagliano non erano
che le ultime fasi di un processo di disgregazione iniziato nel 1580.
La
Spagna per lo studioso iberico non è una realtà trascendente, ma il
frutto di una volontà politica; è nata infatti da un progetto di
largo respiro portato avanti dalle uniche realtà politiche della
penisola iberica che nel XV secolo erano dotate di sensibilità
internazionale: la Castiglia e l’Aragona. La Castiglia soprattutto
si era dimostrata capace di “comandare se stessa”. Era stata la
regione di più grande prestigio, la più energica, la più forte.
Priva della “feroce rustica diffidenza” tipica dell’Aragona,
aveva dimostrato di possedere la lungimiranza necessaria per divenire
il cuore pulsante di un impero le cui propaggini erano destinate a
estendersi fuori dall’Europa
Le
imprese vennero compiute: in un secolo la Spagna non solo era
diventata la Monarquía
universal,
el
imperio en el que nunca se pone el sol, ma
era riuscita attraverso un processo incorporativo non troppo
dissimile da quello dell’impero romano, a far sì che realtà
sociali eterogenee si integrassero, o addirittura si totalizzassero.
Il
processo di incorporazione avrebbe raggiunto il proprio acme nel
1580, anno dell’annessione all’Impero del Portogallo. Da quel
momento in poi la storia della Spagna sarebbe diventata la storia di
una decadenza, la cui espressione più evidente era la disgregazione
territoriale:«Prima
si staccano i Paesi Bassi e il Milanese; poi, Napoli. Agli inizi del
secolo XIX si separano le grandi province d’oltremare e verso la
fine le colonie minori d’America e dell’estremo Oriente. Nel 1900
il corpo spagnolo è tornato alla sua originaria nudità
peninsulare.»1.
Nemmeno
nel momento in cui “il corpo spagnolo tornò alla nudità
peninsulare” si arrestò la forza centrifuga della disgregazione.
Nuovi sentimenti nazionali portarono a nuovi particolarismi; la
mancanza di una visione politica di largo respiro unita alla capacità
dei leader locali di creare dei simboli avevano portato i catalani e
i baschi, ma anche i galiziani e gli andalusi, a maturare una nuova
consapevolezza di loro stessi.
Da
un certo punto di vista le criticità e le contraddizioni della
Spagna odierna non sono dissimili da quelle del XVI secolo, ne' da
quelle del XIX.
Per
Ortega il
consolidamento della Spagna può
avvenire solo mettendo da parte le velleità dei particolaristi.
L’unico modo per restituire l’entusiasmo politico agli spagnoli
infatti
è quello
di metterli davanti alla prospettiva di una grande impresa: questo è
uno dei principi basilari dietro il principio di nazionalità. Ma per
fare
ciò è
necessario che le
energie degli spagnoli non
vengano
disperse, e che anzi siano
collegate da vincoli di collaborazione e solidarietà.
Nessun
movimento inedito, nessuna nuova istanza dovrebbe essere esclusa o
soppressa con la violenza. Le energie nuove per
Ortega y Gasset non
vanno combattute o dissipate, ma incanalate e trasformate in energie
nazionalizzatrici. Le forze del cambiamento devono semplicemente
trovare il loro posto nel mosaico spagnolo e contribuire a
risollevare le sorti del paese.
Idee dalla difficile applicazione, ma di cui i leader politici spagnoli dovrebbero tenere conto.
Idee dalla difficile applicazione, ma di cui i leader politici spagnoli dovrebbero tenere conto.
1
J.Ortega Y Gasset, Spagna invertebrata
Fonti
Fonti
A.Dobson,
An
introduction to the politics and philosophy of Josè Ortega Y Gasset,
Cambridge, Cambridge University Press, 1989,
W.
Ghia, Ortega
y Gasset: liberalismo, socialismo, politica estera,
in M.Nacci(a cura di),Figure
del liberalsocialismo,Firenze, C.E.T., 2010.
L.Infantino,
Ortega
Y Gasset. Una Introduzione,
Roma,Armando, 1990.
J.Ortega
Y Gasset, Spagna
Invertebrata,
in Scritti
politici
di
Josè Ortega Y Gasset,
a cura di Luciano Pellicani e Antonio Cavicchia Scalamonti,Torino,
UTET, 1979.
L.Pellicani,
Introduzione,
in Scritti
politici di Josè Ortega Y Gasset,
a cura di Luciano Pellicani e Antonio Cavicchia Scalamonti,Torino,
UTET, 1979.
E.
Vigant,Il
pensiero di Josè Ortega Y Gasset.
La
sua arte letteraria, la sua interpretazione della storia, la sua
teoria storica,
Padova, Cedam, 1968.
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