lunedì 31 dicembre 2012


Due milioni di documenti a portata di mano? 
È possibile con Gallica.


Il 30 ottobre la Bibliothéque national de France (BnF)  ha lanciato nel mondo delle app Gallica, costola dell’omonima biblioteca digitale fiore all’occhiello dell’istituzione francese, per dare libero accesso a circa due milioni di documenti digitalizzati provenienti dai suoi fondi.

Fedele alla vocazione enciclopedica della BnF, l’applicazione permette di consultare un corpo di materiali ricco ed eterogeneo: più di 240.000 libri, 880.000 fascicoli di giornali e riviste, 470.000 immagini così come carte, manoscritti, spartiti musicali, stampe, cartelloni pubblicitari a cui si aggiungono ogni settimana migliaia di nuovi documenti.
L’iniziativa segue quella della British Library che nel 2011 lanciò un’applicazione a pagamento che permetteva di esplorare un’accurata selezione dei suoi tesori, ma punta sulla presentazione di una più grande varietà di opere. Questo a scapito però della qualità dei documenti, non essendo purtroppo le immagini caricate in alta definizione.
Quello che l’applicazione perde in risoluzione lo compensa nella reattività e nella fluidità della ricerca. Gallica, infatti, permette di cercare o curiosare in tutto il materiale digitalizzato messo a disposizione della BnF e vedere ogni documento nella sua completezza. L’utente può creare una lista di favoriti, aprire diversi campi bibliografici, scaricare interi documenti o singole pagine e condividere tutto su Facebook, Twitter o su altri social media.
Il tutto è possibile anche grazie alla semplicità della sua presentazione grafica. L’utente si trova di fronte ad una home page semplice e accattivante costruita sull’accostamento per immagini delle varie categorie in cui è suddivisa la ricerca; l’interfaccia è intuitiva, curata e di facile comprensione e la scelta del materiale da consultare è soggetta a diversi campi (autore, data di edizione, soggetto, lingua, tipo di documento) che permettono di affinare l’indagine e isolare il documento.

Con Gallica basta un click per accedere a un universo di materiali da scoprire. Tuttavia la vastità del materiale presente rende l’applicazione macchinosa e poco funzionale all’internauta che si avventura tra le carte digitali senza uno scopo preciso: quale documento consultare se non si sa cosa cercare? Cosa si può scoprire quando non si sa già cosa si può trovare? A questo punto il consiglio può essere uno solo: armarsi di pazienza e tentare di sfruttare al massimo i campi di selezione della ricerca. Una volta trovato il documento è bene sapere che i testi non possono essere manipolati, non sono presenti, infatti, spazi per le annotazioni e l’utente non ha accesso al testo, anche quando esiste, ma solo alla sua immagine. Inoltre l’assenza totale di tecniche editoriali come la presenza di esposizioni virtuali, il risalto dei documenti eccezionali, le ricorrenze editoriali legate al calendario, le suggestioni o le novità evidenziano i limiti che ancora Gallica presenta.

Nonostante tutto però è un’app convincente. Si inserisce in quelle applicazioni che si aprono regolarmente per dar loro un’occhiata e resta, per gli studenti e i ricercatori, una vera e propria miniera d’informazioni preziose.
In sostanza un’applicazione di lettura da provare, una bella sorpresa per un’app istituzionale che mostra i progressi e gli sforzi realizzati dalla BnF per mettere a disposizione di tutti un patrimonio che altrimenti rischierebbe di essere confinato in uno spazio accessibile a pochi.









*Gallica è gratuita ed è possibile scaricarla su iPad, tablet e smartphone Android accedendo rispettivamente all’AppStore e a Google Play. La  versione per iPhone è prevista per l’inizio del 2013.


sabato 29 dicembre 2012

“Navigare” la Certosa di Bologna: un cimitero nell'era digitale



Per gli amanti dei cimiteri, un'interessante risorsa è il sito del Cimitero monumentale della Certosa di Bologna. Nel settore inerente la conservazione dei beni architettonici, questo strumento digitale ha un ruolo chiave nella divulgazione dell'immenso patrimonio che si è accumulato nel corso dei secoli nell'area della Certosa, partendo dalla necropoli etrusca fino ad oggi. L'obiettivo del portale1 è quello di rendere disponibili al pubblico informazioni storiche e materiali multimediali relativi al cimitero bolognese fondato nel 1801, in uno spazio interattivo che permetta di reperire facimente materiale di interesse in modo semplice e intuitivo.Il sito presenta una grafica minimale e raffinata: si apre con una home page semplice ed essenziale dove uno dei cosiddetti “piagnoni” (i bolognesi chiamano piagnoni le due grandi terrecotte poste sopra i pilastri dell'entrata ottocentesca del cimitero) è stato rielaborato graficamente come logo e in maniera simbolica accoglie e accompagna il visitatore. Diversamente dai più famosi siti dei cimiteri monumentali italiani e stranieri (Staglieno di Genova, Monumentale di Milano, Père Lachaise di Parigi, Highgate di Londra) quello della Certosa non ostenta le immagini più celebri del patrimonio che accoglie, ma traspare l'intento della messa a disposizione dei contenuti in maniera libera, lasciando all'utente la scoperta dei luoghi tramite un menu posto sulla sinistra. Le diverse opzioni che vi compaiono sono costantemente in movimento -un dettaglio che sembra ostacolarne un'immediata e corretta lettura- e consentono l'accesso ad una breve storia del complesso monumentale corredata da un'ampia bibliografia arricchita da numerose foto. È possibile accedere a documenti-film e immagini assunti da biblioteche e archivi, elaborati e resi disponibili alla lettura. Ma l'aspetto più attraente del sito sono le visite virtuali: ricostruzioni meticolose di spazi architettonici che consentono di scoprire un catalogo unico al mondo di tombe monumentali neoclassiche con un semplice click. Il percorso 3D propone quattro itinerari, e una mappa a volo d'uccello, sulla quale muovendo il cursore vengono attivate piccole foto informative di ogni zona.
 

Una criticità si incontra quando cliccando sulle schede della mappa si apre a tutta pagina una finestra esplicativa all'interno della quale compaiono altri menù di approfondimento non propriamente legati al monumento o alla zona d'interesse dell'utente. In questo modo procedendo nella navigazione è facile perdersi e non trovare più il punto da cui si era partiti, anche per la totale mancanza di un pulsante che rimandi alla home page. Per cui l'unico modo per tornare sui propri passi è chiudere la pagina a cui si era approdati e riaprire la visita virtuale (viene da chiedersi se tale dimensione labirintica non sia un effetto voluto dai creatori del sito per simulare i tortuosi percorsi del luogo reale). Le schede di approfondimento sono curate nei minimi dettagli, in maniera chiara e mai banale: si va dall'analisi linguistica delle epigrafi a quella dei simboli presenti nelle varie sepolture, da approfondimenti sugli artisti che hanno lavorato in Certosa a narrazioni delle vicende delle famiglie ivi sepolte, centinaia di biografie, migliaia di immagini, un dizionario dei simboli e una biblioteca con documenti e libri originali. Vi è inoltre un elenco completo di tutte le sepolture monumentali. Insomma si può parlare, a ragione, di lavoro “certosino”. I modelli 3D, attivabili scaricando il podcastexibits 3D”, sono solo quattro, ma molto suggestivi. Permettono di “entrare” all'interno dei luoghi simbolo del cimitero, “camminarvi” e vederli in panoramica “sorvolandoli” come se si avessero un paio di ali.
 
 È possibile osservare da vicino particolari altrimenti inavvicinabili, il tutto all'interno di una realtà virtuale tridimensionale dove nei punti di maggior interesse è possibile aprire schede informative. C'è inoltre la possibilità di effettuare visite guidate con voci preregistrate che accompagnano l'utente nella visita alla scoperta di chiostri, lapidi e monumenti. Dunque se amate i cimiteri ma siete troppo impressionabili per visitarli questo sito fa per voi: renderà possibile una passeggiata all'interno di un dei complessi cimiteriali più importanti d'Italia rimanendo comodamente seduti tra le rassicuranti mura domestiche.
 
1 Progettato e realizzato a cura di Progetto Nuove Istituzioni per Comunicare la Città del Comune di Bologna con la collaborazione dei Musei Civici di Arte Antica per la ricerca storico-artistica e dell'ufficio Edilizia Cimiteriale per la ricerca iconografica; realizzazione: Eventi Progetti Speciali

lunedì 17 dicembre 2012

La guida del futuro: Nintendo 3DS al Louvre


L'11 Aprile 2012 la Nintendo 3DS, ultima console tascabile dell'omonima azienda, fa ufficialmente il suo ingresso come nuova guida interattiva, nel museo più visitato al mondo: il Louvre. In molti hanno ironizzato sull'utilizzo di questa apparecchiatura, dai più considerata superficialmente solo un videogioco, in un tempio sacro dell'arte. Se poi l'autore del software è Shigeru Miyamoto, creatore del videogame SuperMario, il rischio di considerare poco serio un lavoro durato due anni è enorme. La consolle si presenta maneggevole e di facile utilizzo:  si attacca al collo, è dotata di cuffie, di uno schermo tattile inferiore con menù e mappe, e di uno schermo superiore che permette la visione di immagini, animazioni in 3D e testi. Cinquemila gli esemplari a disposizione dei visitatori. Il costo del noleggio è di 5 euro contro i 6 euro necessari per le vecchie audioguide. 
Shigeru Miyamoto
Durante la visita, si è accompagnati da una voce-guida presente in sette lingue. La grande novità è la geolocalizzazione, che permette al visitatore di orientarsi  nei sessantamila metri quadri di esposizione, suddivisi in quattro piani. Lo stesso Miyamoto ha raccontato di come durante la sua prima visita al Louvre si fosse perso tra le varie sale. Da qui l'esigenza di creare una guida che andasse oltre la semplice spiegazione delle opere. Attraverso un sistema di localizzazione, è possibile sapere sempre la propria esatta posizione all'interno del museo. Inoltre, sono stati realizzati due tour di 45 minuti ciascuno: il tour dei capolavori, che permette di visionare le opere più celebri del Louvre ed un tour sull'antico Egitto. La nuova guida è in grado di indicare anche l'esatta distanza e la migliore angolazione per ammirare l'opera. Per i non vedenti sono presenti dei tour speciali (in francese) ed una galleria tattile.
Una guida intelligente quindi, ma il Louvre non è il primo museo al mondo ad usufruire di queste moderne tecnologie. Al National Museum of Emerging Science and Innovation di Tokyo, esiste un sistema di video proiettori in grado di creare l'ombra digitale del visitatore capace di interagire con le opere. Al Museo dell'olocausto di Los Angeles, un iPod fa da guida all'interno della struttura. Si potrebbero fare molti esempi, eppure la nuova console del Louvre, nonostante l'indubbia utilità, presenta delle criticità. Il fascino delle immagini in 3D e le numerose funzioni a disposizione, rischiano, di non far ammirare l'opera dal vivo. Avere gli occhi fissi sullo schermo potrebbe distogliere l'attenzione dal luogo in cui ci si trova, con il rischio di urtare colonne o altri visitatori. Sui giornali si tende a considerare il prodotto più un giocattolo che un vero e proprio strumento con cui poter fare cultura. In realtà si tratta di un importante innovazione in grado di avvicinare anche un pubblico più giovane al mondo dell'arte. Il suo utilizzo intuitivo e il design accattivante sono sicuramente un incentivo a farne un utilizzo non solo ludico. Permane il rischio di restare affascinati maggiormente dalla tecnologia che non dall'opera d'arte.


lunedì 10 dicembre 2012

Memoriale Garibaldi: a Caprera un'area multimediale interamente dedicata all'Eroe dei due Mondi





Il 3 luglio scorso è stato inaugurato a Caprera il Memoriale Giuseppe Garibaldi. Il primo, unico nel suo genere, dedicato interamente ad una singola figura storica. Realizzato nel Forte Arbuticci, di fondazione ottocentesca, che era fino alla seconda guerra mondiale una struttura di difesa per la flotta italiana.

Il Memoriale è uno spazio espositivo che consta di quattro edifici e tredici sale, che raccontano tutti i mondi di Garibaldi: il Sudamerica delle lotte per la libertà, l'Africa e la Cina dei viaggi commerciali, gli Stati Uniti dell'esilio e dell'attesa. E poi l'Europa, l'intera Europa. Prima tra tutte le nazioni, naturalmente, l'Italia: dal tempo delle rivoluzioni e delle battaglie, fino a Caprera, luogo dell'esilio ma anche polo di sperimentazione esistenziale e sociale, un centro di pensiero, azione ed attività politica. Un racconto ricco e affascinante che non poteva essere che multimediale. A vere e proprie cronache illustrate su pannelli, come pagine di un libro, o a mappe aggiornate e frutto degli studi più recenti, si incrociano apparati multimediali, suoni, voci, video, postazioni interattive  e  tavoli multi-touch per spiegare una delle vite più intense, libere e avventurose della nostra storia.
L'intero percorso si snoda, come abbiamo detto, su quattro distinti edifici.

Il primo è dedicato a Garibaldi eroe dei due mondi: la sala ospita pannelli grafici e installazioni multimediali interattive. Una sorta di timeline, che si può manovrare manualmente, permette di spostarsi nella data desiderata, e fruire del contenuto che in questo caso è costituito da una grafica animata nella parete verticale, a cui corrisponde la geo-localizzazione in un grande planisfero luminoso posto orizzontalmente.





Passando al secondo edificio troviamo tre sale che illustrano tre momenti fondamentali della vita garibaldina:
l'apprendistato mediterraneo (la nascita a Nizza, i suoi primi viaggi,  gli incontri con gli esponenti dell'inquieto mondo politico del tempo che risultano determinanti per la sua formazione intellettuale e civile);
il nuovo mondo (in America Garibaldi conosce un nuovo mondo che sta costruendo il distacco definitivo dalla sua storia coloniale. Un vero e proprio ingresso nella modernità per Garibaldi che in questo periodo incontra e conosce Anita)
le rivoluzioni del 1848/49 e la Repubblica Romana (un racconto emozionante, tramite audio e immagini, in cui ritroviamo i luoghi e i contenuti politici e morali di un'esperienza cardine della nostra storia nazionale). 
Il terzo edificio consta anch'esso di tre diverse sale che scandiscono altrettanti momenti fondamentali della vita di Garibaldi. Vengono ripercorse dapprima le vie del suo esilio, di seguito sono narrate le gesta della seconda Guerra d'Indipendenza e infine un'intera superficie è dedicata alla spedizione dei Mille.
L'ultimo edificio è dedicato al mito di Garibaldi, costruito intorno alla sua figura quando ancora era in vita. Un'icona collettiva, oggi conosciuta da tutti col famosissimo appellativo “Eroe dei due Mondi”. Figurine, riviste, fumetti, cimeli. Tutto è raccolto nelle teche che conducono ad un'ultima postazione multimediale, pensata per i bambini, attraverso la quale possono interagire in modo virtuale ed avere informazioni e curiosità sulla vita privata di Garibaldi.
La realizzazione del Memoriale si inserisce all'interno delle iniziative dedicate al 150° anniversario dell'Unità d'Italia. L'Isola di Caprera diventa quindi un importante luogo della Memoria storica;  questo territorio del nord Sardegna, già battuto da migliaia di visitatori che ogni raggiungono il vecchio museo della fazenda garibaldina, diventa un vero e proprio eco-museo e il modernissimo memoriale si aggiunge al già esistente museo tradizionale allestito nella residenza di Garibaldi. 

sabato 1 dicembre 2012

“… Partiti un giorno come soldati e non ancora tornati …”


Roberto Zamboni nel suo studio

Così cantava De Gregori nel suo Generale. Una frase che torna alla mente pensando allo scrupoloso lavoro di ricerca  portato avanti da un insospettabile artigiano veronese, Roberto Zamboni, un non addetto ai lavori che non può fregiarsi di nessun titolo accademico. Non uno storico patentato, dunque, ma un patito  della storia. La  cosa a cui tiene soprattutto è quella di mettere la parola fine al termine  di ogni personalissima vicenda umana che si cela dietro la parola disperso. Con tenacia e testardaggine è riuscito nel suo intento,  dare una risposta alle famiglie di quanti non avevano più visto ritornare a casa i propri figli, mariti, padri, allontanatisi come soldati durante l’ultima guerra mondiale e di cui non avevano più avuto notizia.
L’epilogo del secondo conflitto mondiale fu una delle pagine più amare per la storia del nostro paese. Già allo sbando per un conflitto bellico fallimentare e lacerante, l’Italia, all’annuncio dell’armistizio, si trovò completamente impreparata nell'affrontare le conseguenze. Nella stessa notte dell’8 settembre 1943, le forze tedesche emanarono direttive per effettuare  il disarmo dei nostri militari. Chi scelse di continuare a combattere al fianco dei tedeschi non veniva disarmato, in quanto considerato collaborazionista; chi non lo faceva, e furono circa in 800.000, finiva nei campi di internamento in Germania come prigioniero di guerra; ed infine chi si opponeva, aderendo magari alle forze partigiane, veniva fucilato, se si trattava di ufficiali, se si trattava di un civile si era “impiegati” nei campi di lavoro sparsi nell’Europa occupata. In tanti – truppe, singoli soldati e tanti civili – non chinando la testa, trovarono una morte efferata. L’opposizione al nazifascismo costò la deportazione a tanti civili e militari italiani che furono letteralmente sradicati dalle loro case, dalle loro famiglie. Molti di loro trovarono la morte, a seguito di malattie non curate o contratte in quei campi, chi per le sofferenze atroci, patite per il semplice  fatto di essere partigiani, ebrei o soldati che agognavano il sogno di un’Italia diversa, un’Italia libera.
Il lavoro di ricerca di Zamboni comincia nel 1995 quando, spinto dal desiderio di rintracciare la sepoltura di un suo zio, le cui spoglie andarono disperse dopo la guerra, comincia a raccogliere dati  e notizie su tanti altri italiani che dovettero subire la stessa sorte. Con lo scopo di condividere le informazioni in suo possesso, nel 2008 mette in rete il suo blog, dal titolo Dimenticati di Stato visionabile all’indirizzo www.robertozamboni.com dove comincia a stilare gli elenchi dei caduti dispersi regione per regione, provincia per provincia, comune per comune per agevolare l’opera di individuazione del congiunto e per stimolare i vari ricercatori locali che volessero ampliare o correggere  le notizie fin lì raccolte. Sono circa diecimila le persone alle quali si è riusciti a risalire al luogo di sepoltura. Questo lavoro di ricerca nei cimiteri stranieri fu avviato in verità, a partire dal 1957, dal nostro Onorcaduti (Commissariato Generale Caduti in Guerra) che ne riesumò i resti per trasferirli nei cimiteri militari sorti ad Amburgo, Berlino, Francoforte sul Meno, Monaco di Baviera (Germania), Mauthausen (Austria) e Bielany-Varsavia (Polonia). In quei sacrari furono inumate le spoglie mortali di circa  16.000 connazionali ma la quasi totalità dei parenti di questi sventurati italiani non furono mai informati del lavoro svolto da Onorcaduti, restando in perenne attesa di chi non sarebbe mai più tornato a casa. Da catalogatore  consumato il nostro Zamboni appunta, raccoglie, riporta; si arriverà ad una serie  di elenchi ordinati e minuziosi  di tanti, tanti caduti italiani di cui abbiamo modo di conoscere il volto. 
Cimitero militare di Amburgo
Il sito non ha ambizioni avveniristiche né tantomeno estetiche, ma un fine di servizio; non troverete dunque animazioni, funzioni di geolocalizzazione, ricostruzioni in 3D, o leziosità grafiche, ma i dati dei dispersi, gli elenchi dei nostri connazionali inumati nei cimiteri di Polonia, Austria e Germania, le procedure da seguire per ottenere il rimpatrio delle spoglie del congiunto, legge per cui lo stesso Zamboni si è battuto personalmente. Il tutto esposto con encomiabile sensibilità; la scelta grafica  è essenziale, lungi dall’apparire lugubre o patetico il sito ha un aspetto quasi confortante, fondo bianco neutro su cui campeggia in testa la fotografia di un cimitero militare italiano, immagine che riassume in sé l’idea stessa del blog, infondere un senso di ordine, pace, serenità. 
L’unico appunto che gli si può rivolgere è, che mosso dall’intento di spiegare quante più cose possibile, Zamboni ha reso l’homepage un “ginepraio” sequenziale di informazioni; gli elenchi vanno un po’ a perdersi in questo mare magnum di notizie; la voce che permette di ricercare il singolo caduto avrebbe bisogno, probabilmente, di maggiore rilievo.
Combattere l’oblio è il minimo che si deve a questi nostri compatrioti che per sventura o per scelta non si arresero a quanto consideravano sbagliato. Per tanti, questo è rimasto un capitolo aperto per troppo tempo; a queste famiglie è stata data finalmente la possibilità di riconciliarsi con la storia.

lunedì 26 novembre 2012

Un colorato albero della memoria


Custodire in uno spazio virtuale, in una piattaforma multimediale, la memoria della storia italiana della prima metà del ‘900. Dal fascismo all'antifascismo, dalla seconda guerra mondiale alla Liberazione passando per la Resistenza e la deportazione. Tutto ciò attraverso una molteplicità di fonti provenienti da tutta Italia:  documenti, fotografie, filmati d’epoca, interviste di testimoni. Con l’obbiettivo di creare un museo virtuale che possa affiancare i musei più convenzionali. Questo è il progetto su cui ha lavorato per mesi l’Istituto Alcide Cervi, con il contributo di diversi partners, tra cui la Cassa Padana BCC. Oggi questo progetto, in continua espansione, ha preso forma e si è concretizzato nel portale Memorie in cammino nel tempo e nello spazio.
Il desiderio era quello di rappresentare la dimensione nazionale dell’istituto attraverso il contributo di tutti i suoi soci istituzionali - piccoli e grandi comuni, provincie e regioni; e inoltre di enti, istituti e associazioni che hanno aderito al progetto. Con l’intenzione di attrezzarsi anche per accogliere materiali da privati cittadini.
Estremamente interessante è stata l’idea di realizzare un blog che raccontasse in tempo reale l’iter che la redazione di Memorie in cammino ha percorso e continua a percorrere per raccogliere tutto il materiale che nel portale si è trasformato in memoria condivisa. Una sorta di diario di bordo, una finestra da cui seguire gli incontri, le scoperte, le storie che sono dietro a quei contenuti.
La prima volta che vi ho navigato sono rimasta piacevolmente sorpresa non solo dall'idea alla base del progetto, ma soprattutto dalla bellezza della sua realizzazione grafica. Sul nero sfondo delle pagine, ricorre la presenza di un albero “stile - Alice nel paese delle meraviglie”. Le radici di questo albero circondano un grande globo terrestre, color senape, che racchiude in sé i luoghi della memoria. I rami reggono alle loro estremità dei rotondi frutti colorati di varie misure: i quattro più grandi mostrano il disegno di una bandierina, simbolo degli eventi, di una sagoma umana, simbolo delle persone, di orme di piedi, simbolo dei racconti, e infine di una chiave, simbolo delle tags.
Cliccando sopra ciascun punto di questa mappa di navigazione veniamo rimandati alle specifiche sezioni dove è possibile selezionare i temi, gli ambiti e quindi le fonti che più ci interessano. Rispettando un certo rigore metodologico, per ogni fonte abbiamo una scheda con l’immagine ad alta risoluzione, una sua breve descrizione e contestualizzazione, l’archivio di provenienza, la possibilità di esplorare fonti correlate e le parole chiave ad essa associate. La ricerca può essere effettuata anche attraverso un campo apposito presente nella home page, ma anche muovendosi sulla linea del tempo che ricorre in basso alla pagina e dove, sotto forma di puntini di diverso colore, sono state indicate e collocate cronologicamente tutte le fonti presenti nel sito.
Come l’intrecciarsi dei rami di un albero, anche l’architettura di Memorie in cammino dà vita a una trama di georeferenza costante che collega tra loro eventi e storie diverse, avvicinando luoghi e comunità nel medesimo contesto storico e unendoli in un percorso facilmente e intuitivamente fruibile.

domenica 18 novembre 2012

Quando l'archivista diventa un narratore

   Nell'immaginario comune, la figura dell’archivista corrisponde per lo più a quella di un grigio burocrate che si aggira come un’ombra in mezzo a scaffali polverosi intento a riordinare pile di documenti lisi che, molto probabilmente, non interessano a nessuno. Non regge assolutamente il confronto con le mirabolanti avventure in paesi esotici che possono capitare a un archeologo, per citare una delle tante categorie che ricorre all’assistenza degli archivisti con una certa frequenza. E l’archivio stesso non è nient’altro che il deposito (magari ubicato in un elegante palazzo del centro storico, ma pur sempre un deposito) dove i documenti, o meglio le scartoffie, vengono ammassate in ordine sparso o comunque decifrabile solo dagli archivisti. 
  Eppure, fra le migliaia di carte raccolte in fascicoli, ordinate secondo criteri logici e conservate presso gli Archivi di Stato è possibile rintracciare una mole sconfinata di quelle che si suole definire “storie di vita vissuta”. Certo, per trovarle bisogna sapersi muovere con disinvoltura fra atti notarili, disposizioni di antiche autorità cittadine, verbali di questure, registri di tribunali e di istituti soppressi, referti medici… e ciò, senza alcun dubbio, rimane prerogativa di una ristretta cerchia di studiosi e professionisti. Di questo problema è ben consapevole l’équipe di archivisti lombardi che ha ideato I documenti raccontano, un interessante iniziativa sostenuta da alcune istituzioni regionali[1] che tenta di ridurre la distanza fra gli archivi e la società civile.  Unendo il rigore della ricerca storica basata sul vaglio critico delle fonti alle tecniche affabulatorie della narrazione, i promotori (e chiunque sia intenzionato a contribuire) vanno alla ricerca di episodi di vita del passato, con una predilezione per le vicende legate alla devianza e all’emarginazione, allestiscono accurati dossier con la documentazione reperita nei vari fondi archivistici e ne traggono racconti di piacevole lettura, al fine di trovare diffusione presso il più vasto numero di lettori possibile. Infatti, i racconti più significativi trovano uno sbocco editoriale essendo pubblicati dall’editore Franco Angeli in una collana realizzata ad hoc. Per ottenere un coinvolgimento maggiore dei non addetti ai lavori, inoltre, sono periodicamente organizzati, presso scuole e biblioteche, laboratori didattici in cui, sotto la guida di archivisti esperti, vengono insegnati i rudimenti della ricerca e del racconto a sfondo storico e altre analoghe attività.  
   Il progetto, che è indubbiamente ambizioso e si propone di operare sia in ambito locale che regionale, trova nel web un valido vettore per diffondere le proprie molteplici attività anche se per il momento non si può dire che ne sfrutti appieno le potenzialità. È pur vero che nelle intenzioni dei coordinatori il sito è solo una delle modalità per partecipare al progetto, svolgendo una funzione di cassa di risonanza per altre attività. Tuttavia, poiché in questo blog ci occupiamo prevalentemente di come si possa fare divulgazione storica usufruendo dei nuovi media non possiamo esimerci dal muovere alcune critiche. Ad esempio, se nella sezione Storie dagli archivi è possibile scaricare le copie integrali dei documenti utilizzati per comporre i dossier (e questa risorsa è indubbiamente molto utile anche per ulteriori ricerche) nella sezione Racconti sono indicizzati appena quattro racconti di cui per altro, ad eccezione di un singolo caso, si può leggere solo un breve abstract. A destare le perplessità maggiori è però la sezione Regole e strumenti, dove vi è soltanto la presentazione dei vari contenuti che presumibilmente si dovrebbe poter scaricare ma non vi è alcun link che permetta di farlo.
  In ultima analisi, è difficile comprendere tale sottovalutazione dei vantaggi che il mezzo informatico potrebbe portare. Molto probabilmente gli ideatori si saranno posti il problema e avranno consapevolmente ritenuto opportuno, per il momento, privilegiare modalità di comunicazione più tradizionali. Scelta lecita anche se non totalmente condivisibile, rimane però il fatto che l’incuria di alcune sezioni rischia di gettare una luce negativa sull’intero progetto che costituisce invece un ottimo esempio di come fare divulgazione storica valorizzando la conoscenza e la critica delle fonti. E, soprattutto, come è scritto ironicamente nel Decalogo dell’archivista narratore: “Dimostra, contro l’opinione corrente, che anche gli archivisti hanno un’anima”.


[1] Il progetto è stato realizzato grazie al sostegno degli Archivi Storici Lodi e Mantova, della Biblioteca Giuliani di Monza, dell’Archivio Storico dell’ASP Martinitt Stelline e Pio Albergo Trivulzio di Milano, della Direzione  Generale “Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia, della Fondazione Alberto e Arnoldo Mondadori e della Fondazione CARIPLO che ha contribuito al finanziamento.

sabato 10 novembre 2012

La trattativa Stato-Mafia: un mosaico vergognoso finalmente ricomposto online


Dal mese di agosto di quest'anno è online il portale Statomafia.it, realizzato da due giovani studentesse, Federica Fabbretti e Martina Di Gianfelice, appartenenti al Movimento delle Agende Rosse di Salvatore Borsellino. Lo scopo del portale è quello di «raccogliere documenti, testimonianze, atti relativi alla trattativa», al fine di ricomporre «le tessere del mosaico della stagione più vergognosa della Storia del nostro Paese». 
Il punto sulla trattativa, con le notizie aggiornate, accessibile dall'home page del sito
Il sito si presenta con un'interfaccia molto pulita e schematica, da cui il visitatore può iniziare un percorso nella storia della trattativa seguendo alcune direttrici principali, evidenziate dai menu in alto: “processi”, “indagati” e “storia della trattativa”. La prima sezione, quella denominata appunto “processi”, è suddivisa in tre sottosezioni, che il visitatore può raggiungere cliccando sul menu a scomparsa che appare passando il puntatore del mouse sul nome della sezione stessa, oppure selezionando una delle fotografie che si alternano scorrendo la sezione. La prima sottosezione è dedicata al processo Dell'Utri, senatore Pdl condannato nel 2004 a nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, pena ridotta poi a sette anni in appello, mentre l'imputato è stato assolto per i fatti successivi al 1992. A marzo 2012 la Cassazione ha annullato la sentenza d'appello, rinviando a una ulteriore trattazione. La seconda è dedicata al processo Mori-Obinu, il generale e il colonnello dei Carabinieri accusati di favoreggiamento a Cosa nostra, nell'ambito della mancata cattura del boss Bernando Provenzano nel 1995. L'ultima sottosezione tratta invece del processo sulla Trattativa, per cui a luglio 2012 la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di dodici imputati, tra mafiosi, politici ed esponenti delle Forze dell'ordine. 
La sezione “indagati”: è visibile la sottosezione su Bernando Provenzano
La sezione “indagati” permette al visitatore una panoramica essenziale nella biografia personale e giudiziaria dei protagonisti delle indagini sulla trattativa, da Massimo Ciancimino a Totò Riina, passando per Nicola Mancino. Aprendo ogni scheda, a fianco di essa, sulla destra, è possibile accedere alla rassegna stampa e agli articoli correlati all'argomento.
La terza sezione, “storia della trattativa”, è un archivio molto puntuale in cui le due giovani studentesse hanno ricostruito, a volte giorno per giorno, tutte le fasi della trattativa Stato-Mafia: vengono ripercorsi i vari incontri e contatti tra gli uomini dello Stato e quelli di Cosa nostra, si analizza la stesura del famoso “papello” e ci si sofferma su pagine buie, come la strage di via D'Amelio in cui morì il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. 
Una drammatica fotografia, scattata subito dopo l'esplosione dell'autobomba in via D'Amelio
I visitatori possono seguire il sito attraverso i principali social network: sia in alto a destra, sia di lato a ogni scheda visitata, è possibile accedere alle rispettive pagine su Twitter, Facebook, Google+, aggiungere un bookmark a OKNOtizie (social network di notizie del portale Virgilio) e seguire tramite RSS gli aggiornamenti del sito. Inoltre, si può stampare la pagina selezionata o iscriversi alla newsletter del sito.
Sicuramente la documentazione fotografica del sito meriterebbe di essere arricchita e approfondita, anche con l'aggiunta di filmati tratti magari da telegiornali, inchieste televisive e altro materiale audiovisivo che potrebbe fornire un utile supporto alla sezione della rassegna stampa. Andrebbe anche sistematizzata una sezione sui libri consigliati. Il progetto è comunque avviato solo da pochi mesi, sono inoltre convinta che nelle intenzioni delle autrici vi sia stata la convinzione di portare avanti un progetto online qualificato, dai rimandi immediati e che permetta di farsi un quadro completo della trattativa Stato-Mafia, anche a scapito di una grafica più accattivante ma forse meno informativa.

giovedì 8 novembre 2012

Il Museo Archoelogico Virtuale (MAV) di Ercolano

Quanti di noi non vorrebbero provare a viaggiare nel tempo per riscoprire città, usi e costumi di antiche civiltà? Grazie alle nuove tecnologie applicate alle esposizioni museali oggi è possibile realizzare in parte questo sogno. Ne da prova, ad esempio, il Museo Archeologico Virtuale di Ercolano (MAV). Inaugurato nel 2008, il MAV si trova a poca distanza dai famosi scavi della cittadina romana di Ercolano, distrutta nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio. Una nuova concezione di esposizione in cui i protagonisti non sono i reperti archeologici ma il contesto virtuale in cui viene trasportato il visitatore appena varcata la soglia del museo. Questa esperienza emozionante è stata resa possibile grazie al progetto di Gaetano Capasso e della Capware, società di produzione di realtà virtuali. Oltre 70 le installazioni multimediali gestite da un software in grado di riconoscere il visitatore al suo ingresso, se adulto o bambino, italiano o straniero, grazie ad un badge. Lungo il percorso tattile e visivo, computer, scanner, ologrammi e schermi tridimensionali si uniformano perfettamente al contesto ambientale. Viene restituita la vita e lo splendore alle principali aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Baia, Stabia e Capri.

Appena arrivati si è accolti dalle voci e dai volti degli antichi ercolanesi che raccontano la loro storia ai visitatori disposti sotto campane acustiche.
Il teatro di Ercolano è ancora oggi sotto terra, ma attraverso gli schermi è possibile trovarsi in uno dei cunicoli borbonici che portarono alla scoperta della struttura e capire così le antiche tecniche di scavo.
Sono stati posti degli orci com’erano proprio usati nel teatro per permettere una migliore acustica durante gli spettacoli, e oggi quegli orci propongono versi di Plauto a chiunque si avvicini a essi.
 
Proseguendo nel percorso, con le proprie mani è possibile “muovere” l’acqua contenuta in una vasca oppure “ricostruire” un mosaico. Da una parete “infranta”, un fascio di luce mostra parte di una villa patrizia mentre, in contemporanea, un masso cade nell’acqua antistante lanciando spruzzi virtuali che giungono reali al visitatore. Usciti dai cunicoli, un sottilissimo muro d’acqua nebulizzata, raffigurante una nube piroclastica, ci immette in un mondo fantastico: stupendi panorami, aree urbane vive, scene agresti, interni delle case.
Cuore del Mav è il Cave (la “caverna”): un’enorme stanza di luce che ci porta nell’antica area napoletana prima dell’eruzione del 79 d.C. sulle cui pareti si proiettano giardini, cortili delle case di Pompei, Stabia ed Ercolano.
Nel percorso attraverso una strada “affollata” da donne al mercato, venditori e comuni cittadini, il visitatore viene a trovarsi tra figure che appaiono e scompaiono alle pareti, come se fossero davvero delle persone impegnate nei loro affari quotidiani.
E’ la Soundgallery uno dei tanti sistemi interattivi ideato da Capware unicamente per il MAV. Il sistema anche qui, riconosce il visitatore e in base alla sua identità, ai tempi di sosta, produce suoni spazializzati che comunicano congiure, parole, sensazioni. Quando il visitatore si ferma, viene “intercettato” grazie a un sistema acustico in cui – a differenza di un altoparlante comune da cui il suono si espande nell’ambiente circostante, il segnale si forma in un punto dello spazio lontano dalla sua origine. Così è possibile indirizzare un suono in qualsiasi direzione, senza che si percepisca la sua origine, ingannando l’ascoltatore.
Ci appare nell’area delle Terme, la “stanza dei profumi”, dove un sofisticato macchinario riprodurrà, odori di spezie, di unguenti e balsami usati in quel periodo. Giungiamo infine al “Lupanare”, stanza deputata al piacere, con le immancabili pitture erotiche. Il sistema di riconoscimento, se avverte la presenza dei bambini, come d’incanto sostituirà le immagini.

Così termina il viaggio nel “virtuale”, un lampo di luce indica che il percorso è giunto al termine e mostra la strada per il ritorno alla realtà.
Alla fine del percorso museale è stata creata una sala di proiezione per la visione della ricostruzione virtuale dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. con la consulenza di archeologi e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), il MAV ha prodotto un film in 3D/multiD di 15 minuti che riproduce l’evento che ha cancellato la storia  e il volto di Ercolano e Pompei. La ricostruzione si basa sul racconto di Plinio il Giovane nelle lettere di Tacito e il filmato, proiettato su uno schermo di 26 metri di lunghezza, è visibile indossando occhiali 3D. L’installazione è dotata di una piattaforma vibrante che simula i terremoti che vi furono contemporaneamente all’eruzione.
In conclusione il museo offre ai visitatori un’esperienza davvero unica, un meraviglioso tuffo nel passato in cui non si utilizza solo la fantasia, ma viene resa quasi reale grazie alla moderne tecnologie.


Ricordare e raccontare la città: percorsi emotivi a Bologna

Inutilmente, magnanimo Kublai, tenterò di descriverti la città di Zaira dagli antichi bastioni. [...] Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato [...] Una descrizione di Zaira quale oggi è dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento a sua volta rigato di graffi, seghettature, intagli, svirgole.

                                                                                                                                                   Italo Calvino, Le città invisibili

 

lunedì 5 novembre 2012

Il digitale al servizio della ricerca storica: l'Institute of Historical Research di Londra


Nell'universo della digital history – ancora relativamente giovane e in costante espansione – uno dei punti di riferimento europei più interessanti è certamente l'Institute of Historical Research di Londra. Accanto alla propria attività accademica tradizionale, infatti, l'IHR ha avviato diversi progetti di natura digitale sulla storia britannica e irlandese che da qualche anno sono raccolti sotto il coordinamento di IHR Digital. Si tratta di una sezione specifica dell'istituto che unisce le competenze di storici e sviluppatori informatici per svolgere attività di ricerca, ma anche – ed è questo uno degli aspetti più innovativi – di servizio e formazione (a pagamento) per il resto dell'accademia. IHR Digital offre, tra le altre cose, consulenza agli storici sui processi di digitalizzazione, un servizio di webhosting, podcasting per seminari e lezioni e aiuto sul design di siti web di istituzioni o progetti di argomento storico. 
È dunque una realtà ibrida, collocata a cavallo tra l'accademia e il mondo della comunicazione, che trova pochi simili in ambito storiografico, soprattutto se guardiamo al panorama italiano. Basta scorrere alcuni dei progetti digitali a cui l'IHR ha partecipato o che ha coordinato per rendersi conto delle potenzialità di questo tipo di contaminazione. Tra quelli più recenti, ad esempio, troviamo Connected Histories, inaugurato nel 2011: frutto di una partnership tra diverse università inglesi, è uno strumento online che integra l'accesso a diversi database e risorse elettroniche sulla storia inglese dal 1500 al 1900 attraverso un unico motore di ricerca. British History Online, invece, è una biblioteca digitale che copre il medioevo e la prima età moderna, è parzialmente accessibile attraverso la registrazione gratuita e conta già cinque anni di vita. Inoltre, di grande utilità è History Online, che raccoglie informazioni aggiornate sulle novità del mondo universitario britannico – eventi, borse di studio, riviste e progetti in corso – consultabili attraverso un menu tematico e un motore di ricerca interno.
Il modo più semplice per consultare i progetti legati ad IHR Digital è partire dalla sezione del sito dell'Institute of Historical Research ad esso dedicata. Qui si possono trovare alcuni bottoni per l'accesso diretto alle risorse digitali online, un aggiornamento sull'avanzamento dei progetti di cui IHR è partner e un elenco dei servizi offerti. Tuttavia, questo non è l'unico canale attraverso cui è possibile rimanere aggiornati sulle attività digitali dell'istituto. IHR Digital cura infatti anche un proprio blog e il profilo Twitter @IHRDigHist, tramite cui, tra le altre cose, vengono twittati in diretta i seminari del ciclo Digital History, commentabili con l'hashtag #dhist
Tutti questi elementi, dalla semplice presenza sui social network ai progetti online più complessi, concorrono al medesimo obiettivo di innovazione degli strumenti propri della ricerca storica, ma anche di condivisione dei saperi e di apertura dell'accademia verso l'esterno – sia esso rappresentato da altre istituzioni o da singoli individui e studenti che coltivano un interesse verso la disciplina. Le tecnologie digitali costituiscono oggi una realtà imprescindibile per chiunque lavori nel mondo della conoscenza, e l'Institute of Historical Research offre un ottimo esempio di come sfruttare le loro potenzialità per la storiografia.

sabato 13 ottobre 2012

Anni '30: uno sguardo oltre il fascismo

Il periodo fascista è sicuramente uno dei più controversi e dibattuti della storia italiana e risente ancora oggi di forti pregiudizi e strumentalizzazioni. Ma, al di là delle scelte, discutibili, di Mussolini e del Regime, il Ventennio fu anche uno dei periodi più creativi e propositivi della nostra Nazione, a cui si dovrebbe guardare con uno sguardo più oggettivo.

Locandina della Mostra

Proprio con questo spirito, nella cornice di Palazzo Strozzi a Firenze, è in corso la mostra "Anni Trenta. Arti in Italia oltre il Fascismo", che si chiuderà il 27 gennaio 2013.
Attraverso l'esposizione di 96 dipinti, 17 sculture, 20 soggetti di design, fotografie e bozzetti, si ripercorre un decennio caratterizzato da un'estrema vivacità artistica e dall' affermarsi della comunicazione di massa tramite la radio, il cinema, le riviste illustrate e i manifesti.
Il percorso espositivo si snoda attraverso sette sezioni: centri artistici (Milano, Torino, Roma, Firenze e Trieste); giovani (con le figure emergenti del periodo); viaggio (dove si illustrano i soggiorni degli artisti italiani a Parigi e Berlino, considerati, fino al 1933, i luoghi artistici per eccellenza); arte pubblica (la comunicazione di massa penetra nel campo dell'arte e massima espressione è Mario Sironi, che sosteneva la funzione ideologica e politica del pittore); contrasti (sezione in cui si propone una sorta di parallelismo tra Italia e Germania, dove l'arte moderna viene definita "arte degenerata"); design (in quegli anni nasce il "Made in Italy" con la moltiplicazione dell'arte artigianale e di lusso); Firenze (il centro toscano era considerato la città delle riviste culturali più importanti).

In linea con le nuove tecnologie alla fine della mostra, nel cortile del Palazzo, è presente un touch-table che permette di andare alla scoperta della Firenze degli Anni Trenta, esplorabile attraverso foto, progetti e disegni originali dell'epoca; è possibile inoltre approfondire i tempi della mostra tramite una selezione di documenti d'archivio.

Interfaccia dell'applicazione per dispositivi Apple
 E' prevista una speciale applicazione per dispositivi Apple, "Anni 30", scaricabile gratuitamente dal market itunes, che mette a confronto la Firenze degli Anni Trenta con quella odierna.
 Infine, secondo la filosofia dell' "ascolto visibile" promossa da Palazzo Strozzi, è stata allestita una sala radio, dove i visitatori, oltre a poter ascoltare le tracce audio originali su avvenimenti storici, costumi e canzoni dell'epoca, possono registrare le proprie impressioni sulla mostra.
E' anche possibile, tramite un'apposita stampante 3D, testare la propria creatività nell'ambito del design industriale o realizzare una cartolina con il materiale messo a disposizione dalla struttura.

Una mostra che guarda l'Italia con gli occhi di un italiano degli Anni Trenta.

Localizzazione delle opere non trasportabili

martedì 9 ottobre 2012

Ultimate Dinosaurs: Giants from Gondwana


Royal Ontario Museum, Toronto

Il Royal Ontario Museum di Toronto è una costruzione che difficilmente passa inosservata a chi passeggia per la vivace Bloor Street. Come un gigantesco minerale fuoriuscito dal terreno, il ROM ospita numerose collezioni che spaziano dalle scienze naturali alle civiltà antiche.
Il museo racchiude anche una ricca collezione di resti di dinosauri e dei primi mammiferi apparsi sulla Terra; passeggiare fra queste mastodontiche figure è sicuramente un'esperienza speciale che non lascia il visitatore impassibile.
A proposito di questi antichissimi abitanti della Terra, il ROM ospita in questo periodo un'esposizione intitolata UltimateDinosaurs: Giants From Gondwana, curata da Raymond James. Come si potrà ben immaginare, i protagonisti della mostra sono numerosi scheletri di dinosauri provenienti dall'emisfero sud del pianeta ed appartenenti a differenti ere. Ciò che caratterizza quest'esposizione è il divertente utilizzo delle nuove tecnologie, grande intrattenimento soprattutto per i più piccoli. Alla base di ogni scheletro di dinosauro, accuratamente inserito in una ricostruzione del suo habitat naturale attraverso pannelli elettronici, sono disposti dei touch screen illustrativi dai quali è possibile venire a conoscenza delle principali caratteristiche dell'animale in questione: dove e quando vivesse, cosa mangiasse e quali fossero le sue principali peculiarità. All'incirca a metà del percorso il visitatore, soprattutto i giovani visitatori, sono invitati a prendere parte ad un gioco interattivo: un grande schermo, con quelli che erano un tempo i continenti che ospitavano i dinosauri in questione, è posizionato di fronte a quattro postazioni touch screen; ogni giocatore sceglie il continente che preferisce ed insieme agli altri cerca di ricreare, incastrando un continente all'altro, quello che era il Gondwana. Negli stessi monitor è anche possibile “scorrere” una timeline virtuale delle diverse ere.
Il pezzo forte dell'esposizione giunge verso la fine del percorso quando ci si avvicina agli esemplari di dimensioni più impressionanti. Per ognuno di essi, come per i precedenti, è stato posizionato uno schermo, questa volta mobile, regolabile in base all'altezza di chi lo usa. Questi monitor vengono chiamati Augmented Reality stations poiché, muovendo lo schermo a piacere di fronte allo scheletro prescelto, al visitatore apparirà la ricostruzione “viva” del dinosauro in movimento. Cliccando su alcune zone del corpo dell'animale “in vita” si apriranno finestre esplicative riguardanti la sua anatomia. Grandi e piccini si accalcano così per vedere le fattezze del temibile T-Rex che conclude il percorso della mostra.
Altro divertente utilizzo della tecnologia viene fatto attraverso una schermata a muro luminosa dove diversi dinosauri si muovono in base ai passi del visitatore, quasi come se quest'ultimo fosse da loro inseguito - in maniera amichevole, si intende.
Unica pecca? Al momento della visita alcuni schermi AR erano fuori funzione cosicché non ci è rimasto che utilizzare la nostra buona, vecchia e fidata immaginazione.


martedì 2 ottobre 2012

Roma nel Novecento... e Roma oggi.

Tutti coloro i quali sono interessati a conoscere e approfondire la storia dell’Urbe possono trovare nel sito della Mediateca di Roma una notevole quantità di materiali audiovisivi e fotografici messi a disposizione in modalità streaming on demand dall’Archivio Storico Luce e dall’Istituto Biblioteche di Roma. Che si tratti di un patrimonio imponente è dimostrato dal fatto che la sola area relativa all’Archivio Luce (per la cui storia e attività si rimanda al post “LUCE su YouTube” di Gianna Giannini) permette la visione di 13.636 servizi di cinegiornali, 763 documentari, 562 repertori, 31.547 fotografie e relative schede descrittive. 




La consultazione è resa agevole dalla suddivisione del materiale in tre sezioni principali: 
1) i percorsi tematici, che raccontano la storia della città attraverso gli eventi culturali, politici, sportivi, ecc. che vi hanno avuto luogo nel corso del Novecento;
2) i sindaci capitolini
3) i romani d’eccezione, ovvero tutti quei cittadini illustri che hanno contribuito a scrivere pagine importanti della storia romana e non solo (attori, scrittori, registi, ecc.).

Le schede descrittive e le didascalie redatte a corredo dei servizi fotografici sono, nella maggior parte dei casi, molto esaurienti e ricche di dettagli, quali ad esempio i nomi propri delle persone e dei luoghi ritratti. Altre volte invece si riscontrano diciture molto generiche e persino alcuni errori nella datazione. Niente da dire invece sui contenuti audiovisivi, la visione dei quali, a differenza di quanto avviene sul Canale YouTube dell’Istituto Luce, non è infastidita dalla presenza dei  banner pubblicitari imposti dalla tutela del copyright. Le due sezioni “La città raccontata” e “In galleria”, accessibili a partire dalla colonna di sinistra dell’homepage, sono dedicate a due particolari percorsi tematici: la prima presenta dodici racconti d’autore sulla Roma degli anni Trenta-Cinquanta, la seconda contiene invece immagini relative alle mostre d’arte promosse nella città durante il Novecento.
Novella Parigini espone in
Via Margutta

Sempre a partire dall’homepage è poi possibile accedere all’area Biblioteche di Roma, che consente non solo di consultare i materiali del suo archivio audiovisivo, ma anche e soprattutto di essere sempre aggiornati sulle novità, i temi e le iniziative culturali promosse dal Sistema Bibliotecario Comunale che essa rappresenta. Molto azzeccata la scelta di pubblicizzare questi eventi mediante un player che visualizza quello che viene definito il “corto d’attualità”: per chi ha poco tempo (o poca voglia di leggere) un video rappresenta indubbiamente una scappatoia più rapida e accattivante. L’utilizzo dei filmati ritorna anche nei due box a sinistra, curati dalla redazione di BiblioTV e dedicati anch’essi alla promozione delle attività in calendario (“Biblioteche di Roma presenta”) e ad approfondimenti tematici (“Focus”).

Insomma, la Mediateca di Roma è un portale ricco di contenuti multimediali interessanti, è ben organizzato ed è caratterizzato da una veste grafica semplice ma efficace. Risulta quindi essere non solo uno strumento utile a soddisfare le curiosità degli appassionati, ma anche un progetto valido per studenti di qualsiasi età.