lunedì 6 giugno 2016

Il Sessantotto. Ricerca o motori di ricerca?

Che cosa occorre, e cos'è necessario, per dare avvio una narrazione storica complessa? Cos'è che determina la complessità di una narrazione storica? Attraverso quali strumenti si può suscitare una narrazione solida e problematica, diffusa e non ricorsiva? Sono domande, queste, necessarie ed imprescindibili quando una qualche scadenza memoriale inizia ad avvicinarsi a passo deciso. A maggior ragione quando si tratti di anniversari di eventi con un ampio grado di generalizzazione, che investono gli agenti culturali di società disparate. Ed il rischio che la generalizzazione scada in genericità, quando non in banalizzazione, è in questi casi molto elevato. Ancora di più quando le risorse cui si attinge galleggiano indisturbate e (peggio) incontrollate in rete, con l'illusione di far parte di una rete di memoria magari perché all'infinito replicano gli stessi contenuti dall'una all'altra. Ma di fatto, in assenza di mediatori qualificati, la memoria in rete è fatta narrazioni solipsistiche, egocentriche, soprattutto nel caso di memorie particolarmente ideologizzate. E la scadenza del cinquantenario del Sessantotto, una narrazione che porta in grembo ideologizzazioni diverse, contraddittorie, contrastanti. O tra loro del tutto parallele, in senso geometrico, ossia che su di uno stesso piano non possono proprio incontrarsi, ma che se portate verso l'infinito incalcolabile costituito dalla memoria pura e semplice in un modo o nell'altro le puoi costringere all'incontro. Difficile ad esempio far convergere il Sessantotto degli studenti polacchi, in rivolta in marzo per la campagna anticulturale ed antisemita del governo di Gomulka con il Maggio francese parigino. Anche limitandosi ad un contesto nazionale, quello italiano, l'appianamento dei movimenti studenteschi negli atenei di, ad esempio, Roma e Trento, sarebbe a forte rischio forzatura senza un'accurata indagine se non altro storiografica. Affidare una ricerca, anche sommaria, agli umori del motore di ricerca, insomma, potrebbe essere una scelta profondamente sbagliata, e profondamente dannosa se, come prevedibile, nel giro di due anni prolifereranno articoli, interviste, rammemorazioni e racconti di ogni genere per rimarcare il cinquantenario dell'anno fatidico. La rete, oltre che il liquido di galleggiamento di scivolose esposizioni, può altresì essere il contenitore di strumenti appropriati per definire una cornice interpretativa (o meglio una cornice di cornici interpretative) di un certo spessore storiografico, che dia indicazioni per narrazioni specialistiche, divulgative, didattiche o anche soltanto utili per riempire la pagina culturale della qualsivoglia testata. Per certi versi in realtà la rete è quel contenitore, non tanto per suo merito quanto per merito di chi ha deciso di porsi come effettivo strumento digitalizzato per la ricerca storica. Digitalizzato, e non digitale, dal momento che la documentazione utile per una ricerca sul Sessantotto non può che essere stata prodotta analogicamente, essere in sostanza fatta di carta (o, al massimo, di celluloide).

Se prendiamo il caso del Sessantotto italiano, nell'archivio del ministero dell'Interno, presso l'Archivio Centrale dello Stato, sono conservati numerosi fascicoli di fondamentale importanza per una reale storia dei movimenti ascrivibili al Sessantotto, tanto nel fondo del Gabinetto quanto in quello del Dipartimento di pubblica sicurezza. Certo, l'ACS ha dei tempi di digitalizzazione che eufemisticamente possono definirsi dilatati, anche in ragione di una endemica assenza di risorse finanziarie, ed è auspicabile che in un futuro prossimo venga approntato un servizio di fotoriproduzione remota dei fascicoli direttamente dal portale, sul modello dei National Archives britannici. Ma basterebbe sfogliare la guida ai fondi per rendersi conto delle quantità e qualità delle fonti disponibili. Possono essere d'aiuto, per quanto si tratti di fonti a stampa e pertanto, in linea generale, gerarchicamente subordinate agli archivi istituzionali, gli archivi on-line de «l'Unità» e de «La Stampa». Si tratta di due operazioni di digitalizzazione di grandissima importanza che si impongono come strumenti imprescindibili per la storia dell'Italia repubblicana, rappresentando le voci del Partito comunista e del principale polo industriale del Paese. I due archivi risalgono fino alla fondazione della testata (1867 per «La Stampa», 1924 per «l'Unità»), rappresentando così un patrimonio di grande valore.

Per entrambi i portali è stato predisposto un motore di ricerca interno che punta direttamente ai testi degli articoli: uno strumento di grande efficacia. Nell'insieme, l'archivio storico digitale de «La Stampa» appare più particolareggiato in alcune funzioni (la ricerca avanzata, l'esportazione delle scansioni delle pagine in formati diversi) e più curato nel design, in ragione di un'interfaccia vettoriale dedicata, che tuttavia rallenta la navigazione. Di contro, quello de «l'Unità» è più elementare, lievemente meno intuitivo ma funzionalmente più rapido. Ma di là da considerazioni tecniche, si tratta, o si dovrebbe trattare, di due strumenti primari per approfondire, impostare o anche solo immaginare una narrazione del Sessantotto italiano.

A voler guardare in coeva retrospettiva l'anno fatidico, o valutarne alcune prospettive immediate, si può accostare l'archivio digitalizzato di «Lotta Continua», organo dell'omonimo movimento extraparlamentare, fondato come settimanale nel 1969 e pubblicato come quotidiano dal 1972 al 1982. La collezione è pubblicata nella sua (quasi) interezza in una sezione della Fondazione Erri De Luca, fondata a Roma nel 2011 dallo stesso scrittore già militante di LC. Per quanto più specificamente fonte per la storia degli anni Settanta, l'archivio di «Lotta Continua» fornisce elementi importanti per osservare gli esiti di una parte del movimentismo di origine sessantottesca. La realizzazione del portale, vagamente artigianale (con un design preconfezionato di un comune CMS) il fatto che non sia posto su di un dominio proprio, restando invece quasi celato su quello della fondazione, stridono rispetto al valore storico dell'archivio, che meriterebbe un trattamento più accurato.

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