martedì 19 giugno 2012

Museo Memoriale della Libertà

Quando si percorre la via Emilia Levante in direzione San Lazzaro uno dei monumenti che più facilmente si nota è il Cimitero di Guerra dei Polacchi, ma in pochi, purtroppo, sono al corrente che a fianco di quest’ultimo si trova il Museo Memoriale della Libertà
Si tratta di un’istituzione culturale privata, nata della passione coltivata nei decenni dalla famiglia Ansaloni e dedicata ai protagonisti della linea Gotica. L’inaugurazione è avvenuta il 21 aprile 2000: i ricordi personali, accompagnati dal patrimonio materiale e documentale posseduto dalla famiglia Ansaloni hanno rappresentato lo stimolo di partenza per progettare un Museo che si è voluto il più possibile interattivo, poiché l’obiettivo era rendere il dramma della guerra comprensibile a tutti.
La visita comincia con la visione di un filmato amatoriale girato nel 1945 dal ventenne Edo Ansaloni che, nella primavera di quell’anno, filmò e scattò migliaia di immagini degli ultimi giorni di guerra a Bologna, dai tetti delle case e lungo le strade cittadine. Munito della sua Leica e di una cinepresa da 16 mm filmò, nei giorni che precedettero la Liberazione, i bombardamenti aerei sull’Est bolognese e le precipitose fughe nei rifugi dei condomini del palazzo in cui era sfollato. Il 21 aprile fu tra i primi a riprendere l’ingresso dei militari polacchi nel centro di Bologna e i festeggiamenti dei partigiani e dei civili. Il filmato originale è arricchito anche dal processo alla banda Tartarotti e dall’esecuzione della sentenza di morte comminata allo stesso capo banda.

Carro armato M4 SHERMAN
La visita prosegue con la preziosa collezione di mezzi militari, la maggioranza dei quali ancora funzionanti e spesso presi in prestito dalle varie produzioni cinematografiche, come ad esempio il carro armato M4 “SHERMAN” protagonista della famosa scena finale del film “La vita è bella” di Roberto Benigni.
Sono presenti nella collezione anche due vagoni originali che vennero usati per la deportazione dei prigionieri nei campi di concentramento. E’ possibile visitarli e all’interno è situata una mostra fotografica sui campi stessi.
 
Perticolare del diorama che rappresenta la battaglia di Porta Lame
 Continua così la visita alla parte più suggestiva del Memoriale: all’interno di un capannone di cento metri quadrati sono stati costruiti cinque diorami a grandezza naturale, con suoni e luci destinati a ricreare alcune scene del terribile inverno 1944-1945 e delle primavera successiva. Le scenografie sono realizzate come set cinematografici: il primo quadro riproduce un villaggio dell’Appennino bolognese occupato dai tedeschi, in cui si assiste all’arruolamento di civili da parte di militari dell’organizzazione Todt. Ci si inoltra quindi in un rifugio cittadino dove si rivivono gli interminabili minuti di un bombardamento. Gli effetti speciali sono particolarmente forti: il pavimento trema per il cupo rumore provocato dall’esplosione delle bombe, mentre in un angolo un anziano ascolta Radio Londra (l’audio originale è stato fornito dagli archivi dell’Istituto Luce). Si entra poi in quello che era un appartamento dove vengono mostrati i disastrosi effetti delle bombe. Il quarto episodio fa rivivere nelle fognature e lungo il canale Cavaticcio la battaglia di Porta Lame (7 novembre 1944) tra partigiani, SS, Wehrmacht e militari della Rsi. L’ultimo episodio ha come protagonisti gli alpini della Decima Mountain Division americana impegnati a Lizzano in Belvedere. Inizia qui lo sfondamento della Linea Gotica.

Particolare del diorama degli alpini a Lizzano in Belvedere
Il percorso consiste in un unico sentiero. Nell’allestimento dei diorami, si è deciso di dividere i cento metri quadrati del fabbricato in modo che le scene non interferissero tra loro, ma risultassero completamente indipendenti, sia dal punto di vista visivo che sonoro; non è infatti possibile vedere la scena successiva partendo da quella precedente, mentre il sonoro, curato da Luigi Busacchi, segue il visitatore mentre viene guidato per il quarto d’ora della visita. Le figure che animano le scene sono manichini realizzati basandosi su delle persone selezionate in base alle loro fisionomie: i loro volti sono, infatti, basati sui calchi degli attori che hanno avuto la funzione di modelli. Gli indumenti, le armi, le suppellettili e gli attrezzi presenti nelle scene sono rigorosamente originali. Per dare vita alle scene si è fatto ricorso ad una vera e propria regia audiovisiva, memorizzata e pilotata tramite tecnologia digitale. Le voci dei vari personaggi sono state combinate da tecnici dello spettacolo, con gli altri suoni, rumori, luci ed effetti speciali, come il pavimento vibrante sotto il bombardamento o il fumo delle granate dei partigiani, creando un’atmosfera di grande impatto psicologico.
La progettazione delle scenografie, realizzate da Andrea Armieri e da Sebastiana Costa Ceccarelli, si è basata sia su documentazione fotografica, che su sopralluoghi.
La pubblicità per questo Museo consiste soprattutto nel passaparola dei visitatori; io lo metterò in pratica molto volentieri in quanto è un’esperienza che dovrebbe assolutamente essere condivisa da tutti, perché la memoria degli eventi narrati non vada mai persa.



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