lunedì 28 gennaio 2013

La comunicazione digitale al Museo Galileo di Firenze

La sala VII del Museo Galileo
La sala VII del museo virtuale
Il Museo Galileo di Firenze, dedicato alla storia della scienza, è custode di impressionanti collezioni di strumenti scientifici di grandissimo valore storico che provengono dalle famiglie Medici e Lorena. Fondato nel 1930 come parte dell’Istituto di Storia della Scienza, il museo fu riaperto nel 2010 dopo un radicale processo di rinnovamento, e il risultato di questo lavoro durato ben due anni è un museo moderno e dinamico, premiato tanto in Italia quanto all’estero.
 
Visitando il sito web del museo ci si rende conto subito che la comunicazione digitale è qui qualcosa di serio. Il sito è accattivante, chiaro e di facile navigazione, ma soprattutto ricco di interessanti risorse per visitatori, studenti e ricercatori. Oltre a mettere a disposizione un accesso libero al catalogo della biblioteca e all’archivio digitale, il sito fornisce anche una sezione di didattica online e un portale di risorse digitali cosiddette “galileiane”.

Una sezione intera è inoltre dedicata al museo virtuale: qui è possibile esplorare tutte le sale (anche in 3D) e osservare gli oggetti in esposizione, leggere biografie e testi di approfondimento, guardare video che concernono vari temi storico-scientifici. Questi video, per altro molto ben fatti, puntano sulla semplicità, tanto nell’aspetto visivo quanto in quello sonoro, e dimostrano in modo chiaro il funzionamento di alcuni strumenti scientifici utilizzati nelle diverse epoche – un valore aggiunto importante che aiuta il visitatore non esperto ad andare oltre l’aspetto estetico degli oggetti esposti.

Per quanto riguarda la visita vera e propria al museo, le risorse aggiuntive disponibili al visitatore autonomo sono invece più scarse. Va detto però che oltre alle didascalie (sempre disponibili in italiano e in inglese), alcune sale sono dotate di schermi per la visione di proiezioni a tema e alla fine del percorso ci si ritrova in una zona interattiva con altri schermi (di tipo tattile, per il gioco e per rivivere dimostrazioni scientifiche). Durante la visita, manca però la possibilità – che offre invece il sito web – di accedere liberamente agli approfondimenti sugli oggetti, strumenti e il loro funzionamento.
 
Non è stato sempre così: fino a poco tempo fa il visitatore poteva noleggiare una videoguida portatile – “TrackMan” – che consentiva di ottenere maggiori informazioni sugli oggetti in mostra; tuttavia al momento, le guide non sono più disponibili al pubblico perché continuavano ad insorgere problemi legati sia all’hardware che al software delle guide. Tale situazione fa riflettere d’altra parte della velocità con la quale si evolve la tecnologia: le videoguide, all’avanguardia nel 2010, nel giro di pochi anni sono già invecchiate.
 
Per fortuna, la storia non finisce qui. L’Unità web del museo sta ultimando un’applicazione web per sostituire il TrackMan e per rendere i ricchi contenuti digitali di nuovo fruibili al visitatore. Come ci spiegano Elena Fani e Leonardo Curioni dell’Unità web, l’idea è che l’utente possa accedere ai contenuti – testi, video, audio – con il proprio dispositivo mobile (smartphone o tablet); in questo modo svanisce il problema del mantenimento e dell’aggiornamento degli hardware da parte del museo. Si è scelto di fare un’app web-based, perché sarà facile da aggiornare e non ci sarà bisogno di creare versioni diverse per i vari sistemi operativi nel mercato. Per portare al massimo livello di fruizione possibile in dispositivi diversi, si sta applicando il responsive web design, il design reattivo. Così, l’interfaccia dell’app sarà tarata sulle dimensioni di ciascun dispositivo, e i vari contenuti, come immagini e video, si adatteranno alla risoluzione dello schermo.

Fra pochi mesi la nuova app sarà quindi disponibile per i visitatori del Museo Galileo e senza dubbio, sarà un corollario utile soprattutto per le visite non guidate. Per rendere l’app ancora più accessibile, sarebbe comunque importante garantire un servizio di prestito o noleggio di supporti digitali (come tablet ad es.) all’interno del museo: in fondo avere uno smartphone non è ancora obbligatorio!

martedì 22 gennaio 2013

I Campi fascisti. Dalle guerre in Africa alla Repubblica di Salò



Campo dell'isola di Rab
Il progetto del sito campi fascisti si basa su una grande ambizione: tentare di offrire un'immagine d'insieme sui luoghi di detenzione e internamento istituiti dal regime e dalla Repubblica sociale italiana. Un’articolata geografia di campi, prigioni, località di confino in Italia e all'estero, in cui fra gli anni venti e il 1945 lo stato fascista imprigiona, segrega, deporta popolazioni straniere, oppositori politici, ebrei, omosessuali e rom. Costruito a partire da un ricco database a cui si accede sia per mezzo di mappe interattive, sia attraverso una ricerca per categorie - tipo di campo, dipendenza, funzione, tipologia di internati, nazione - questo sito non rappresenta una fotografia di un'unica ricerca innovativa in ogni sua parte, ma piuttosto aspira a diventare luogo di sintesi dei risultati raggiunti dagli studi storici nell'ultimo ventennio. 
Etiopia
Obiettivo dichiarato dagli autori è la raccolta di disposizioni, documenti, testimonianze, fotografie, interviste e ogni altro materiale contribuisca a descrivere e a realizzare una mappatura il più possibile completa dei diversi campi e luoghi d'internamento fascisti. Frutto della collaborazione fra partnership internazionali diverse* e cofinanziato dall'Unione Europea, supportato scientificamente dall'Istituto Storico Germanico di Roma DHI e dall'Istituto romano per la storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza IRSIFAR - nella cui sede è stato ufficialmente presentato il 28 novembre 2012 - il progetto non nasce in ambito storiografico, né tantomeno strettamente accademico, ma dalla volontà di alcuni giornalisti radiofonici dell'Associazione Audio Documentaristi AUDIODOC di diffondere le acquisizioni storiche, i documenti, le immagini e le testimonianze raccolte su questo tema all'interno dell'omonima ricerca; e in prospettiva da soggetti e strutture differenti. 
La filosofia che ne sta alla base è quella della condivisione e della collaborazione fra centri di ricerca diversi per la costituzione di un patrimonio storico comune in continuo aggiornamento, che possa divenire nel tempo memoria pubblica nazionale e non solo. 
Una volta selezionata una delle possibili località proposte, si accede alla specifica scheda descrittiva che illustra la tipologia del luogo di detenzione prescelto offrendo supporti cartografici e documentari, materiali archivistici in prevalenza testuali - documenti e disposizioni, ma  in futuro si confida nell’incremento anche di quelli visivi; bibliografie, memorie scritte redatte in passato e in alcuni fortunati casi anche audio-interviste a ex internati che hanno recentemente concesso la loro straordinaria testimonianza. Sia le fonti memorialistiche scritte, sia i file audio e le loro trascrizioni sono purtroppo presentate solo in lingua originale, riducendone in parte l'accessibilità. 
Il progetto si autorappresenta però come un work in progress in costante implementazione, anch'essa immaginata in forma aperta attraverso collaborazioni e incontri con altri ricercatori, finalizzati non solo alla raccolta di nuovo materiale, ma anche al confronto scientifico sulle categorie e i presupposti teorici adottati e da adottare; o eventualmente da mettere in discussione. 
Se una critica può essere mossa al sito è di mancare per ora di una mappatura diacronica in grado di visualizzare l'evoluzione nel tempo dei luoghi d'internamento; e di non aver ad oggi esplicitato o sviluppato con sufficiente chiarezza i nodi teorici che ne costituiscono le fondamenta. Non si tratta infatti di un mero esercizio di sintesi e compilazione di dati informativi in grado di offrire agli studiosi, agli insegnanti o ai semplici interessati un vasto materiale documentario sul tema. La stessa eterogeneità dei casi presentati, su di un argomento di così ampia portata e mai fino ad ora analizzato dalla storiografia in una prospettiva unitaria, sollecita gli studiosi a definire nuove riflessioni e a immaginare categorie interpretative inusuali per delineare l'universo concentrazionario italiano. Per una volta gli strumenti, i luoghi e le pratiche adottate dallo stato fascista nelle sue politiche repressive non sono osservati in comparazione al caso tedesco con accondiscendente buonismo, ma vengono analizzati all'interno di coordinate spaziali e temporali ampie in funzione delle proprie peculiari e autonome caratteristiche.   

* Fondazione Museo della Shoah, NS-Dokumentationszentrum (Colonia), Berliner Geschichtswerkstatt, Fritz Bauer Institut (Francoforte), Istituto di psichiatria sociale e psicotraumatologia (Podgorci-Slovenia), Dipartimento di storia e civiltà dell'Università di Bologna



mercoledì 16 gennaio 2013

Totem a Bologna


A Bologna all’incrocio tra via dell’Indipendenza e via Manzoni è stato collocato un totem, ovvero un computer con touch screen attraverso il quale è possibile ricevere utili informazioni sugli edifici storici più vicini.

Sullo schermo è visibile una mappa della zona, il simbolo del totem indica il luogo in cui ci si trova e i numeri i palazzi storici, che sono elencati nella parte sottostante dello schermo. I primi tre edifici, Palazzo Fava, San Colombano e la Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale, appartengono al circuito museale Genus Bononiae- Musei nella Città, mentre l’Oratorio di San Filippo Neri fa parte della Fondazione del Monte e il Museo Civico medievale del Comune di Bologna.
Cliccando su uno dei numeri o sul nome dell’edificio storico si apre una finestra con un menù che consente di reperire informazioni su come raggiungere il palazzo, sui giorni e gli orari di apertura e fornisce anche una sezione di approfondimenti riguardante la storia del palazzo e il percorso culturale Genus Bononiae. Alcune immagini del palazzo fanno da sfondo all’approfondimento storico.

Nella parte alta dello schermo è presente una sezione dedicata al progetto culturale Genus Bononiae, in cui sono indicati tutti i monumenti che fanno parte del percorso. Anche in questo caso è possibile con un semplice clic ricevere maggiori informazioni sugli edifici storici in questione.
Per essere costantemente aggiornati, per ricevere informazioni è possibile attivando sul cellulare il bluetooth oppure scaricare tramite il sito www.BolognaSmart.it un’applicazione per Iphone e smartphone.
Al momento questo è l’unico Totem presente in città, ritengo che sia molto utile ai turisti in quanto permette loro di reperire facilmente informazioni utili e consente di organizzare in maniera funzionale la visita della città.
Per alcuni mesi il totem non è stato adoperabile perché il monitor è stato danneggiato da ignoti, recentemente è stato riparato ed è utilizzabile da coloro che vogliono reperire informazioni.